Commissione Tributaria provinciale – Brescia

Il Presidente della commissione

Letta la comunicazione di servizio prot. N. 2872 del 30/7/1998 con la quale il Direttore della segreteria dispone per l’osservanza della risoluzione del 20/7/1998 n. 79 del Dipartimento delle Entrate Direzione Centrale Affari Giuridici e Contenzioso tributario avente per oggetto l’applicazione dell’imposta di bollo nelle copie delle sentenze;

Rilevato che il Ministero delle Finanze con la suindicata risoluzione, rispondendo ad un quesito afferente alla assoggettabilità delle copie delle sentenze delle Commissioni tributarie all’imposta di bollo, ha testualmente precisato:

“”L’art. 5 della Tabella allegata al d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 642 (esenzione dal bollo, tra l’altro, delle copie delle decisioni delle Commissioni tributarie), si riferisce alle copie delle decisioni delle Commissioni tributarie disciplinate dal soppresso d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636 e non alle copie autentiche delle sentenze delle Commissioni di cui all’art. 38 del d.l. 31 dicembre 1992 n. 546 (disposizioni sul nuovo processo tributario).

A fronte del mutato quadro normativo di riferimento, in presenza di un’autentica, le predette copie vanno assoggettate ad imposta di bollo, ai sensi dell’art. 1 della vigente Tariffa di bollo, approvata con d.m. 20 agosto 1992.””

Ritenuto che detta risoluzione ministeriale sia “contra legem”;

Ritenuto che il “mutato quadro normativo di riferimento” – a quello che è dato di capire in difetto di una esplicita motivazione – consisterebbe nella differenza tra “le copie delle decisioni” di cui al d.p.r. n. 636/72 e le “copie autentiche delle sentenze” di cui al d.l. n. 546/92, sicché la “presenza di un’autentica” farebbe scattare l’assoggettabilità all’imposta di bollo a sensi dell’art. 1 della vigente tabella di bollo, approvata con d.m. 20.8.1992, osserva quanto segue:

“”La “questione” non è nuova ed esige un approfondimento nella misura in cui è da chiarire se il contribuente debba pagare, a titolo di “imposta di bollo”, £. 20.000 per la richiesta di copia di atti delle Commissioni tributarie e £. 20.000 per ogni copia di atto.

Giova, preliminarmente, esaminare le norme relative alla “copia degli atti” e poiché il d.l. n. 546/92, al capoverso dell’art. 1, stabilisce che al processo tributario si applicano “le norme del codice di procedura civile” “in quanto compatibili” con le norme del citato decreto legislativo, è di tutta evidenza che, per quanto attiene alle “copie degli atti”, si debba fare riferimento all’art. 743 c.p.c.

Detto articolo stabilisce che “qualunque depositario pubblico autorizzato a spedire copie degli atti che detiene, deve rilasciarne copia autentica ancorché l’istante o i suoi autori non siano stati parte nell’atto, sotto pena dei danni e delle spese, salvo le disposizioni speciali della legge sulle tasse di registro e di bollo”.

In ordine agli atti del “processo tributario” è da distinguere tra “atti pubblici” (atti degli uffici finanziari o della G.d.F., verbali di udienza di trattazione, sentenze, ecc.) e “scritture private originali depositate” (ricorsi, memorie, documenti, atti di impugnazione, ecc.).

Per gli “atti pubblici” l’art. 2714 c.c. dispone che le “copie” degli stessi “spedite nelle forme prescritte da depositari pubblici autorizzati fanno fede come l’originale” e per le “scritture private originali depositate” l’art. 2715 c.c. stabilisce che le “copie” “depositate presso pubblici uffici e spedite da pubblici depositari autorizzati hanno la stessa efficacia della scrittura originale da cui sono estratte”.

Gli artt. 2714 e 2715 c.c. sanciscono, quindi, che le copie “autenticate” di atti pubblici o di scritture private fanno “fede” “come originali” e, cioè, “sino a querela del falso” (art. 2700 c.c.).

L’art. 2719 c.c. prevede le “copie fotografiche di scritture” (art. 2712 c.c.) e stabilisce che “hanno la stessa efficacia delle autentiche se la loro conformità con l’originale è attestata da pubblico ufficiale ovvero non è espressamente disconosciuta”.

Ne consegue che le copie degli atti sia “pubblici” che “privati” possono essere “autenticate” e, cioè, la loro conformità all’atto originale è attestata, in calce all’atto, da un pubblico ufficiale, ovvero possono non essere “autenticate” in quanto siffatta conformità non è attestata e, conseguentemente, hanno efficacia se non sono “disconosciute” da chi vi abbia interesse.

Precisato quali sono i “tipi” di copie di atti secondo le norme vigenti – onde valutare se per le copie degli atti del processo tributario vi è stato un “mutamento” del “quadro normativo” con l’entrata in vigore del d.l. n. 546/92 – necessita esaminare le norme relative alle “copie” del d.p.r. n. 636/72.

L’ultimo comma dell’art. 33 del d.p.r. n. 636/72 stabiliva che “le parti possono ottenere copia autentica degli atti e documenti contenuti nel fascicolo di ufficio: si applica il quarto comma dell’art. 38 relativamente alle spese di rilascio della copia”.

L’art. 38, quarto comma, precisava che “la segreteria rilascia entro dieci giorni dalla richiesta della parte copia autentica della decisione” ed “il richiedente diverso dall’Ufficio tributario deve corrispondere le spese di rilascio della copia mediante applicazione sulla domanda di marche da bollo da annullarsi a cura della segreteria: i criteri per la determinazione dell’importo da corrispondere sono stabiliti con decreto del Ministero delle Finanze in base al costo del servizio”.

L’art. 25, secondo comma, del d.l. n. 546/92 stabilisce che “le parti possono ottenere copia autentica degli atti e dei documenti contenuti nei fascicoli di parte e d’ufficio: i richiedenti diversi dall’Ufficio tributario devono corrispondere le spese del rilascio delle copie mediante applicazione ed annullamento da parte della segreteria di marche da bollo nella misura stabilita con decreto del Ministero delle Finanze in base al costo del servizio”.

Il successivo art. 38 legittima le parti “a chiedere alla segreteria copie autentiche della sentenza e la segreteria è tenuta a rilasciarle entro cinque giorni dalla richiesta, previa corresponsione delle spese a norma dell’art. 25, comma secondo”.

L’art. 69 sottopone al pagamento delle spese di cui all’art. 25, secondo comma, anche la copia della sentenza spedita in forma esecutiva a norma dell’art. 475 c.p.c.

La lettura delle norme suindicate consente di apprezzare che sia il d.p.r. n. 636/72 che il d.l. n. 546/92 dispongono in ordine al rilascio di “copie autentiche” di atti del processo tributario e, pertanto, nessun “mutamento del quadro normativo” si è verificato in quanto “la presenza di un’autentica” era apprezzabile anche con il vecchio rito ed il Ministero delle Finanze, Direzione generale delle tasse, con la risoluzione n. 390402 dal 30 aprile 1991, chiariva che sia le istanze di richiesta di copie che le copie erano esenti da bollo per il disposto dell’art. 5, secondo comma, della Tabella Allegato B annessa al d.p.r. n. 642 del 26 ottobre 1972 (nel testo modificato dal d.p.r. n. 955 del 30 dicembre 1982).

Ed il disposto dell’art. 5 dell’allegato B titolato “Atti, documenti e registri esenti dall’imposta di bollo in modo assoluto” è di una chiarezza solare là dove dispone che sono esenti da bollo “verbali e decisioni e relative copie delle Commissioni tributarie nonché copie dei ricorsi, delle memorie, delle istanze e degli altri atti del procedimento depositati presso di esse”: di non minore chiarezza è il successivo art. 14 quando precisa che sono esenti da bollo le “domande per ottenere certificati ed altri atti e documenti esenti da imposta di bollo”.

Né è dato interpretare l’art. 5 su citato nel senso che fa riferimento alle sole “copie non autenticate” in quanto il termine “copie” deve essere ritenuto onnicomprensivo di ogni “tipo” di copia di atto ché, altrimenti, il legislatore avrebbe precisato la distinzione: e, peraltro, sia il d.p.r. n. 636/72 che il d.l. n. 546/92 dispongono soltanto per “copie autentiche” degli atti e non fanno alcun richiamo o riferimento ad altri tipi di copie.

Per altro verso l’individuazione della “ratio” dell’art. 5 su citato consente di ribadire l’esenzione dall’imposta di bollo degli atti del processo tributario in quanto sia il d.p.r. n. 636/72 che il d.l. n. 546/92 (norme speciali rispetto al d.p.r. n. 642 del 26.10.1972) sanciscono un “regime fiscale speciale” per le istanze e le copie degli atti del processo tributario istituendo una “tassa” che è stata disposta e quantificata con il decreto del Ministero delle Finanze del 1 ottobre 1996 “in base al costo presunto del servizio”.

Ma l’attento esame del d.p.r. n. 642/72 consente di apprezzare come il legislatore abbia regolato l’imposta di bollo per gli atti dei singoli tipi di processo: il civile, l’amministrativo, il penale ed il tributario.

Infatti sono sottoposti a bollo gli “atti e provvedimenti dei procedimenti giurisdizionali civili ed amministrativi e gli atti e provvedimenti dei procedimenti arbitrali” (art. 20 della tabella A) e gli “atti, processi verbali, sentenze e decreti in materia penale” (art. 21 della tabella A) mentre, a sensi dell’art. 5, secondo comma, della tabella allegato B sono esenti “in modo assoluto” non soltanto “i verbali e le decisioni delle Commissioni tributarie” ma anche “le copie” di detti verbali e decisioni nonché “le copie” di “tutti gli atti del procedimento” depositati presso le commissioni stesse.

Quanto disposto dal citato secondo comma dell’art. 5 in ordine alle copie costituisce, pertanto, una eccezione alla regola stabilita all’art. 1 della Tariffa allegato A).

Il Ministero delle Finanze con la risoluzione n. 79 del 20.7.1998, pur se il “quadro normativo” non è “mutato”, come sopra è stato dimostrato, in contrasto con tutte le norme succitate, introduce illegittimamente una “doppia imposizione fiscale” con la conseguenza di rendere il processo tributario più costoso anche per i contribuenti che sono esentati dall’assistenza tecnica.

Infatti, secondo la citata risoluzione ministeriale, la copia di ogni singolo atto dovrebbe costare, a titolo di imposta fissa di bollo, £. 20.000 per l’istanza e £. 20.000 per la copia, con la conseguenza che la copia di una sentenza di due facciate dovrebbe costare al ricorrente la somma di complessive £. 41.000 invece che soltanto £. 1.000 di “tassa”, a sensi del d.m. 1.10.1996.

Ritenuto che la questione riguarda il “processo tributario” e le norme specifiche che lo regolano e che, pertanto, sia da esercitare il “potere di vigilanza” di cui all’art. 15 d.l. n. 545/92;

invita

il Dirigente della Segreteria a non dare esecuzione alla citata risoluzione ministeriale del 20.7.1998 n. 79;

dispone

che il provvedimento sia portato a conoscenza:

  1. del Ministero delle Finanze;
  2. del Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria;
  3. del Presidente della Commissione tributaria della Regione Lombardia;
  4. del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Dottori commercialisti;
  5. del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Avvocati;
  6. del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Ragionieri.

Brescia, 8 settembre 1998.

Il Presidente della Commissione

Francesco Trovato