Dal volume “L’Amministrazione dello Stato Pontificio dal 1814 al 1870″ del Prof. Alfonso Ventrone”, ediz. Universitarie, Roma

a cura del Dr. Prof. Gen. Salvatore Santo Gallo

La coltivazione del tabacco era regolata con norme particolari e restrittive. Di norme di carattere generale abbiamo un esempio nell’Editto Pacca del 17 gennaio 1823 sul metodo e sistema della coltivazione. Al tesoriere generale spettava la determinazione del terreno da sottoporsi a coltivazione e delle qualità da coltivarsi. In ogni provincia venivano formati dei registri di coltivatori, che venivano scritti in base a domanda. Non si poteva coltivare più di ottomila piante, né meno di quattromila. Il raccolto doveva essere consegnato entro il 30 novembre all’Amministrazione che stabiliva una tariffa di acquisto. Le pene in caso di contravvenzione consistevano in genere nella confisca o nel pagamento dell’equivalente. Ogni anno poi venivano emanate delle notificazioni, durante il gennaio, sul permesso di coltivazione e le modalità da seguirsi per i singoli territori. In genere le concessioni erano effettuate per le provincie della Comarca, di Velletri, Frosinone, Rieti, Spoleto, Ancona, Macerata, Benevento e Camerino.

Riguardo alle pene, citiamo l’Editto del Camerlengo 7 luglio 1814 sulla privativa, introduzione, fabbricazione e vendita dei sali e tabacchi. Esse consistevano nella confisca dei generi, dei recipienti e dei veicoli adoperati per il trasporto e nella multa di L. 10,64 per ogni 333 grammi di sale. Pei contrabbandi in conventicola, oltre le dette pene, vi era la galera. Per gli ufficiali di finanza era stabilita la perdita dell’impiego, oltre all’opera pubblica da tre a dieci anni. I delatori, anche se correi, erano compartecipi al prodotto delle multe oltre ad avere l’impunità.