Da “La vita Romana” di E. Paoli, ediz. RAI 1954, pagg. 53 – 54

a cura del Dr. Prof. Gen. Salvatore Santo Gallo

Nell’età imperiale, quando l’ufficio dell’avvocato, venne perdendo quel carattere di alta funzione pubblica che aveva un tempo, accanto ai grandi avvocati cominciarono a pullulare certi patrocinatori da strapazzo a disposizione di tutti, detti causidici, mestieranti avidi e volgari.

Verbosi, gesticolanti, inconcludenti, vanesi, di una causa piccina facevano un affare di stato. Marziale racconta che un cliente, stordito da quel fiume di parole tenta di richiamare alla realtà il suo difensore: “Non si tratta né di violenza, né di omicidio, né di veneficio, oggetto della mia lite sono tre caprette. Io sostengo che il mio vicino me le ha rubate, e il giudice vuole che glielo provi. Tu parli di Canne, della guerra mitridatica, della furiosa guerra contro i Cartaginesi spergiuri; tiri in ballo Silla, Mario, Mucio, e fai la voce grossa, accompagnando i discorsi con grandi smanacciate: ma insomma, Postumo, parla delle tre caprette!”.

Avevano i più la loro clientela di poveracci i quali non potendo ricorrere all’avvocatone, ricorrevano all’avvocatuccio; lo pagavano male e solo quando ricorreva la festa dei Saturnali, e tutti, come voleva l’uso, si scambiavano doni o si ricordavano con quale regalo a chi era più di loro. “I Saturnali hanno fatto ricco Sabello”, dice Marziale, il malignissimo Marziale, e ci fa la lista di quei regali. “Mezzo moggio di farro e mezzo di fave, una libbra e mezzo di pepe e d’incenso, una salsiccia e una tocco di carne secca; e bulbi, e chiocciole, e cacio; e poi una cestella piena d’ulive, un assortimento di sette pezzi per la cucina e una tovagliolo col bordo colorato”. Questa, certo, è una malvagia caricatura; ma dietro la caricatura di Sabello noi intravediamo il piccolo causidico di Roma che attende a gloria i Saturnali; attende i clienti coi doni; e i doni che riceve, miseri doni sempre, gli servono a scialare un po’, a darsi delle arie e a farsi propaganda.