Coesione sociale

Introduzione ai lavori del convegno “Commissioni tributarie”

Enzo Viganò

Ringrazio il Presidente del C.N.E.L., Prof. De Rita, per la sua cortese attenzione e per il suo autorevole consenso all’iniziativa di questo convegno, offrendo ai convenuti la disponibilità dell’Aula della Biblioteca dello stesso C.N.E.L..

Sincera gratitudine al Dr. Giuseppe Capo, Vice Presidente del citato Consiglio per la sua qualificata presenza a questo convegno, gratitudine che esprimo alle Autorità istituzionali ed ai convenuti, cui cordialmente indirizzo un saluto anche a nome degli organizzatori.

Al Dr. De Sossi, Segretario Generale del C.N.E.L., il ringraziamento, vivamente sentito, per i suoi suggerimenti, più che validi, per la realizzazione di questo incontro che mi auguro proficuo di risultati, in quanto già riferimento di analisi e fonte di cultura, esperienza e confronto di tesi ed opinioni.

Non è a me il compito di anticipare le linee ed i contenuti degli argomenti evidenziati nel programma: l’onere è dei relatori che ringrazio sin da ora per il loro paziente ascolto nei confronti degli organizzatori e per la loro disponibilità nel porre, ancora oggi, in luce – e con maggior forza e convinzione – la realtà giuridica in atto e le relative finezze giuridiche legate al contenzioso fiscale. Realtà, peraltro, gravata ancor oggi dal fatto che il contenzioso sembra aver assunto il ruolo della “discarica” di tutte le contraddizioni, di tutti i difetti e di tutte le inefficienze del sistema tributario, in contrasto con la tendenza della stampa ad accreditare evoluzioni positive tutte da dimostrare.

Mi si consenta, comunque, di sottolineare che, ove venisse recepita l’abolizione delle Commissioni Tributarie voluta dalla cosiddetta Bicamerale, lo specifico settore, già carente di strutture e di articolata dinamica, subirebbe ulteriore nocumento e ciò anche per la ovvia ricollocazione alla magistratura ordinaria di circa 3 milioni di vertenze tuttora in sofferenza presso le citate Commissioni Tributarie.

Vertenze inutili da eliminare, vertenze superate dalla decisione della Corte Costituzionale in ordine al ben noto TFR (trattamento di fine rapporto lavoro), decadenza dal 28 febbraio 1998, dall’Ufficio di Giudice Tributario per professionisti espletanti anche la sola consulenza in materia tributaria pur se saltuaria, decadenza dallo stesso ruolo, dall’1/4/1998, del personale finanziario, ove questi non ricusi il servizio attivo presso l’Amministrazione Finanziaria, inadeguatezza del compenso fisso mensile (L. 500.000), oltre alla modica cifra di L. 50.000 per sentenza, le carenze strutturali dinanzi ricordate e la mancata istituzione delle sezioni staccate, costituiscono il male palese dell’inefficienza, evidenziando altresì un corpo opaco e disarticolato del mondo politico sulla specifica, complessa e complessiva materia.

Ma lo stesso corpo opaco, sovente inerte, si rifugia in un atto di ipocrisia operativa quando ritiene di risolvere il problema del passaggio alla Corte di Cassazione delle attuali 485.000 vertenze giacenti presso la Commissione Centrale, differendo nel tempo la soluzione sino alla quasi consunzione delle medesime vertenze da parte della surricordata Commissione, con uno specifico emendamento presentato al Senato dall’Esecutivo.

In sostanza, precarietà ed incertezza in luogo dell’auspicato potenziamento, l’apparenza anziché il mirato intervento.

L’Amministrazione finanziaria è postergata nei suoi aspetti valutativi in seno al pubblico servizio ed il personale opera in un clima di demotivazione e di scarso fervore morale, in quanto misconosciuto nella quantità e qualità dell’atipico impegno quotidiano: l’abolizione dal 1998 del fondo di previdenza (Guardia di Finanza e personale civile) non è stato un atto di saggezza politico – gestionale.

L’emendamento voluto dalle categorie interessate, recepito sinora dalla stampa può costituire motivo di riferimento anche da parte del Ministro delle Finanze, per il nostro apprezzamento perché convinti, non soltanto della legittimità dell’istanza, ma, soprattutto, convinti che un uomo non dovrebbe mai provare turbamento nell’aver avuto torto, in quanto ciò consente di rilevare che, in sintesi, egli è più saggio di ieri.

V’è, comunque, in atto un’eclissi di valori, il male oscuro del potere per il potere, la pratica delle retribuzioni o degli appannaggi “selvaggi” sono la regola emblemizzata nelle aziende pubbliche e para pubbliche: i confini dello “welfare” si sono fortemente slabbrati, per cui è venuto meno ogni equilibrio del dare e dell’avere.

In sostanza, manca un ordinato progetto di coesione sociale entro cui muovere per la tutela dei più deboli, della solidarietà collettiva, della crescita razionale della società di cui è parte integrante anche la giustizia tributaria.