Intervento in Cassazione del Generale Professore Salvatore Gallo

Roma, 13.12.1997

A quanto è dato sapere la soppressione della norma contenuta nell’art. 120 della bozza Boato che prevedeva la possibilità di istituire “giudici speciali per determinate materie diverse da quella penale” troverebbe una sua giustificazione nella volontà espressa dal Parlamento di realizzare in Italia l’unitarietà della giustizia, nel senso che si dovrebbe avere un unico giudice capace di amministrare giustizia in tutti i settori.

Si è detto anche che questo concetto avrebbe trovato sostenitori anche in altri Paesi europei e soprattutto in Germania.

Mi permetto di non condividere questo assunto, almeno quando si abbia riguardo alla giustizia tributaria, tenuto conto della complessità e delicatezza della materia.

Chi Vi parla già nel lontano 1957, all’esame di laurea all’Università di Milano, ebbe occasione di discutere una tesi sul carattere giurisdizionale o amministrativo delle Commissioni tributarie, perché già a quel tempo si affacciava tra gli studiosi il problema della eventuale giurisdizionalità di detti organi. Per me, invero, ancora troppo inesperto, fu difficile sostenere – come pure osavo pretendere – una parvenza di “giurisdizionalità” delle Commissioni tributarie ancora disciplinate da una legislazione degli anni 1936 – 37 anche perché ebbi la sfortuna di avere come correlatore un autorevole docente – addirittura il Magnifico Rettore – di diritto amministrativo.

Epperò da allora mi sono spesso confrontato con questa mia giovanile pretesa e seguendo l’evoluzione della normativa sul contenzioso tributario oggi sono pienamente convinto che le attuali Commissioni tributarie sono organi giurisdizionali speciali anche se non costituzionalizzati sul piano formale, perché – è chiaro – un siffatto riconoscimento potrebbe venire solo con l’approvazione della bozza Boato.

La nostra Costituzione non contiene un corpo organico di norme, allo stato attuale, relative a tutte le giurisdizioni speciali delle quali si parla in varie disposizioni (artt. 100, commi 1 e 3; c. 2; 103; 108; 111, c. 2). Vi sono poi norme dirette a disciplinare in generale tutti gli organi e le attività giurisdizionali o intercalate ad altre che si riferiscono alla sola Magistratura ordinaria (ved. Artt. 104, 105, e 107, c. 1).

Ciò oltre a rendere meno sistematica la disciplina costituzionale della materia apre il problema della definizione specifica dei requisiti costituzionalmente necessari per l’organizzazione e l’attività dei giudici speciali.

Ora sui requisiti costituzionali delle giurisdizioni speciali esiste una copiosa giurisprudenza della Corte Costituzionale in ordine alle modalità di reclutamento dei giudici speciali, alla loro idoneità ed alle garanzie di indipendenza e di imparzialità.

In particolare circa le modalità di reclutamento la Corte Costituzionale ha ammesso che gli organi giurisdizionali speciali possano essere composti anche di giudici non professionali, ossia “laici” o “non togati” (ved. sent. n. 49 del 1968), pur avendo raccomandato la presenza di giudici professionali come migliore garanzia di idoneità e di indipendenza, ed ha ammesso altresì che la nomina di tali giudici non professionali possa essere affidata al Governo (sent. N. 1 del 1967).

L’idoneità deve essere commisurata al concreto carattere della funzione giurisdizionale affidata e comunque deve essere desumibile da requisiti accertabili e concretamente accertati (sent. 177/73). La funzione giurisdizionale deve essere esercitata da giudici la cui ndipendenza sia garantita in modo assoluto: questa regola è affermata in via generale dall’art. 101, c. 2 (“I giudici sono soggetti soltanto alla legge”) ed è specificamente ripresa dell’art. 108 che al comma 2 così recita: “La legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali”. < Il che si realizza soprattutto quando sia escluso l’esercizio di poteri discrezionali ad opera dell’esecutivo in ordine allo “status” dei soggetti investiti di funzioni giurisdizionali. In altre parole l’indipendenza attiene all’assenza di qualsiasi soggezione forma o sostanziale verso altri organi o poteri.

Strettamente connesso col concetto dell’indipendenza è quello della garanzia di imparzialità dei giudici speciali, imparzialità che attiene alla necessaria estraneità del giudice agli interessi di causa che ne fa davvero un giudice “super partes”.

Ora questi requisiti costituzionali che almeno in buona parte mancavano nelle Commissioni tributarie regolate dalla normativa in vigore prima della riforma degli anni ’70, certamente sono tutti presenti nelle nuove Commissioni previste dai decreti del dicembre 1992 e certamente le nostre istanze recenti sono tese ad un loro perfezionamento (si pensi soprattutto al requisito dell’indipendenza per il quale auspichiamo fermamente che le Commissioni non debbno più dipendere dal Ministero delle Finanze).

Dunque, in buona sostanza, anche con la normativa attuale le Commissioni tributarie hanno diritto di vivere pur nel rispetto del dettato costituzionale sicché mi permetto di dire che l’emendamento Folena, che pure vuole essere nell’intendimento dei suoi sostenitori una lodevole ed apprezzabile proposta intesa a parare il colpo basso dell”On. Parenti, non sembra che renda un buon servizio alla nostra causa.

Vorrei ricordare, infine, che la presenza di giudici speciali in materia tributaria è prevista pure in altri Paesi dell’Unione Europea. Così in Germania, qualora la procedura del ricorso amministrativo sia rimasta infruttuosa, è prevista azione davanti al Tribunale del contenzioso fiscale, peraltro soltanto da parte del contribuente e non anche dell’Amministrazione finanziaria. Contro le sentenze del Tribunale fiscale è ammesso ricorso in Cassazione sia pure per casi specifici (importanza della causa, vizi di procedura).

Occorre precisare che in Germania è in atto una tendenza a rivedere il funzionamento della giustizia tributaria per accentuare la specialità e la specializzazione dei giudici tributari.

In Francia, accanto a varie forme di ricorsi amministrativi, sono previsti ricorsi davanti ai Tribunali amministrativi, le cui sentenze sono suscettibili di impugnazione davanti alle Corti amministrative di appello e quindi davanti al Consiglio di Stato.

Nel Regno Unito per le imposte sui consumi e le accise vi sono i “Vat and Duties Tribunals”, le cui sentenze sono impugnabili innanzi alla Corte d’appello e all’House of Lords.

Anche nella Spagna e nella Grecia, dove pure è costituzionalmente affermato il principio dell’unitarietà della giustizia, è previsto per le questioni fiscali il ricorso ai Tribunali amministrativi.

In conclusione, se sarà approvato in Parlamento il testo della bozza Boato i giudici tributari entreranno a pieno titolo nella categoria dei giudici speciali “costituzionalizzati” al pari di quelli indicati all’art. 103 della Costituzione (Consiglio di Stato, TAR, Corte dei Conti, Tribunali militari). E dunque non ci resta che continuare la battaglia per il ripristino della bozza Boato e nel contempo continuare l’opera intrapresa per migliorare la normativa esistente sul contenzioso tributario, tenendo ben presente l’insegnamento di un grande uomo politico e filosofo inglese: David Hume, il quale nel suo Trattato sulla natura umana ammonisce: “La giustizia è volontà costante e perpetua di dare a ciascun cittadino ciò che gli è dovuto”.

Salvatore Gallo