Commissione tributaria provinciale – Brescia
Il Presidente della commissione
In relazione alla nota prot. 1998/60212 datata 5 maggio 1998 del Dipartimento delle entrate, Direzione centrale per gli affari giuridici e per il contenzioso tributario.
osserva
Con la nota suindicata trasmessa in data 7 maggio 1998 dalla Direzione regionale delle entrate della Lombardia – “per opportuna conoscenza ed osservanza” – alle Segreterie delle Commissioni tributarie provinciali ed alla Commissione tributaria regionale si puntualizza che “il parere del Consiglio di Stato del 7 ottobre 1997 interpreta una disciplina vigente dal 1 aprile 1996 la quale esplica la propria efficacia dalla data di insediamento delle predette commissioni tributarie” e, pertanto, “si ritiene che le somme pagate” per le “ordinanze di sospensione” “sono da recuperare”.
Richiamate tutte le argomentazioni contenute nel provvedimento del 6 maggio 1998, che debbono ritenersi fare parte integrante del presente atto, giova ulteriormente motivare sulla “illegittimità” degli “ordini” inviati alle “Segreterie” obliterando che i Presidenti delle Commissioni regionali e provinciali esercitano, a sensi dell’art. 15 d.l. n. 545/92, la vigilanza anche “sull’andamento dei servizi di segreteria”.
E’ indubbio che la liquidazione dei compensi ai giudici tributari è “un servizio di segreteria” e, pertanto, i Presidenti delle commissioni hanno il potere – dovere di controllare se a mezzo di detto “servizio” vengono violati i “diritti soggettivi” dei giudici componenti delle commissioni.
Ne consegue che le disposizioni ministeriali aventi per oggetto “i compensi dei giudici tributari” debbono essere indirizzate ai Presidenti delle commissioni e non alle “segreterie” “per conoscenza ed osservanza” ritenendoli “ordini gerarchici” ai quali i funzionari debbono attenersi anche contro le “disposizioni del Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria”.
Il Consiglio di Presidenza ha indirizzato la nota 2 maggio 1997 avente per oggetto “compensi dei componenti delle Commissioni tributarie” “ai Presidenti ed ai Direttori delle commissioni regionali e provinciali” in siffatto modo significando in maniera “lineare e trasparente” che per i compensi mentre la segreteria ne cura la esecuzione i Presidenti vigilano sulla esatta e corretta applicazione delle risoluzioni dell’Organo di autogoverno dei giudici tributari.
Le norme che presiedono ai compensi sono l’art. 13 e l’art. 24, primo comma, lett. m) del d.l. n. 545/92.
L’art. 13 stabilisce la competenza del Ministro delle Finanze ad emettere un proprio decreto, di concerto con il Ministro del Tesoro, determinando sia il compenso fisso che il compenso aggiuntivo.
L’art. 24, primo comma, lett. m) indica tra le “attribuzioni” del Consiglio di Presidenza “esprime parere sulla determinazione dei compensi fissi ed aggiuntivi ai componenti delle commissioni tributarie di cui all’art. 13”.
Ed, infatti, nel decreto interministeriale 19 dicembre 1997 si dà atto che è stato “udito il parere del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria espresso nella riunione del 21 ottobre 1997”.
Trattasi, pertanto, di parere “obbligatorio” ed è da ritenersi essere anche parere “vincolante” nella misura in cui, stante la “delicata materia”, quale è quella dei compensi a “giudici”, il legislatore ha voluto conferire all’Organo di autogoverno il potere di vincolare il “potere esecutivo” alle sue indicazioni onde evitare arbitri o soprusi.
E’, pertanto, inquietante prendere atto come il Ministero delle finanze abbia chiesto un parere al Consiglio di Stato e che quest’Organo lo abbia espresso non tenendo conto del disposto del su citato art. 24.
In rispetto delle “attribuzioni” del Consiglio di Presidenza avrebbe dovuto il Ministero, prima di rivolgersi al Consiglio di Stato, rappresentare al Consiglio i motivi del dissenso su alcuni compensi aggiuntivi, sulla erogazione dei quali non si era opposto tanto da consentirne il pagamento.
E’ da ritenersi, invero, che, ove le risoluzioni del Consiglio di Presidenza fossero state ritenute illegittime per violazione dell’art. 13 d.l. n. 545/92, il rimedio giuridico era quello di ricorrere al TAR e, successivamente ed eventualmente, al Consiglio di Stato.
Ma appare vieppiù inquietante rilevare come il Ministero delle Finanze, avuto il parere del Consiglio di Stato in data 7 ottobre 1997, non lo abbia inserito nel decreto interministeriale del 19 dicembre 1998, pur se emesso due mesi e mezzo prima.
E così, mentre il Consiglio di Presidenza, in data 19 febbraio 1998, invia alle commissioni tributarie copia del decreto interministeriale 19 dicembre 1998 precisando di avere “espresso parere favorevole sulla circolare relativa alle modalità di corresponsione in corso di diramazione da parte del Dipartimento delle entrate”, con lettera di trasmissione firmata dal Direttore f.f. della segreteria del Consiglio di Presidenza, datata 18 marzo 1998, giunge alle commissioni la circolare n. 80/E con la quale non si danno disposizioni soltanto sulle modalità di corresponsione ma si impartiscono ordini in tema di “determinazione dei compensi spettanti ai componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali per l’anno 1997“.
Tutte le disposizioni del Consiglio di Presidenza in ordine ai “compensi” sono state firmate sempre dal Presidente del Consiglio Dr. Cantillo e dal Consigliere relatore Dr. Martone e questa volta, invece, giungono alle commissioni a mezzo di un funzionario del Ministero delle Finanze sicché – ancora una volta – non è dato sapere se il Consiglio ne sia venuto a conoscenza e le abbia condivise.
Ora il Ministero delle Finanze ha stabilito che il parere del Consiglio di Stato è “retroattivo” ed – ancora una volta – non è dato sapere se una siffatta interpretazione sia stata portata a conoscenza del Consiglio di Presidenza.
L’ordine impartito alle segreterie delle commissioni tributarie provinciali con la citata nota del 5 maggio 1998 n. 1998/60212 è illegittimo e, pertanto, non va eseguito.
Infatti, i compensi aggiuntivi per le ordinanze collegiali relative alle istanze di sospensione ex art. 47 d.l. n. 546/92 sono stati pagati e percepiti, per l’anno 1996, in base ad un atto del Consiglio di Presidenza ritenuto legittimo dal Ministero delle Finanze, il quale non ne ha fatto valere le illegittimità nel tempo e con le modalità consentite dalla legge: la riscossione, pertanto, è avvenuta in base ad un “titolo legittimo”.
Ne consegue che detti compensi non possono essere restituiti a mezzo di un “atto di imperio” del Ministero delle Finanze espresso a mezzo circolare indirizzata ai segretari dipendenti, ma – poiché sembra che la Repubblica italiana sia ancora uno “Stato di diritto” – necessita che il Ministero delle Finanze citi in giudizio tutti coloro che i compensi hanno percepito chiedendone la restituzione per “indebito oggettivo” ed in quella sede, in contraddittorio, anche i giudici tributari potranno fare valere le loro ragioni.
P.T.M.
ordina alla Segreteria di non dare esecuzione a quanto disposto dalla citata nota ministeriale n. 1998/60212 del 5 maggio 1998 relativa al recupero dei compensi erogati ai Giudici tributari nell’anno 1996 per le ordinanze collegiali di accoglimento o di rigetto della istanza di sospensione dell’atto impugnato ex art. 47 d.l. n. 546/92.
dispone
che il presente provvedimento sia portato a conoscenza:
- del Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria;
- del Sig. Presidente del Consiglio dei Ministri;
- del Sig. Ministro delle Finanze;
- del Sig. Ministro del Tesoro.
Per i motivi già indicati nel provvedimento 6 maggio 1998
dispone
che il presente provvedimento sia portato a conoscenza di tutti i Sig.ri Presidenti delle Commissioni tributarie regionali, i quali, nell’esercizio dei loro poteri discrezionali, afferenti ai rapporti di cui al primo comma dell’art. 15 d.l. n. 545/92, decidano di portarlo o meno a conoscenza di tutti i Sig.ri Presidenti delle Commissioni tributarie provinciali della Regione di competenza.
Brescia, 10 maggio 1998
Il Presidente della commissione
(Francesco Trovato)