Il procedimento di irrogazione della nuova sanzione pecuniaria

Gli artt. 16, 17, 18, 19 e 20 del D. Lgs. n. 472/97 dettano la disciplina concernente il procedimento di irrogazione delle sanzioni, il quale può assumere tre fisionomie distinte ed alternative:

  • quella della contestazione;
  • quella della irrogazione immediata;
  • quella della iscrizione a ruolo.

Comunque si atteggi la fase dell’irrogazione, ad essa può sempre seguire quella dell’eventuale contenzioso cui, per unitarietà di trattazione, si ritiene di fare cenno in questa sede.

Il primo comma dell’art. 16 individua la competenza alla irrogazione della sanzione amministrativa nell’Ufficio o ente competente all’accertamento del tributo cui le violazioni si riferiscono.

Ai sensi dell’art. 20, tanto l’atto di contestazione, quanto quello di irrogazione (per la differenza tra questi due atti vedi infra) devono essere notificati entro il termine decadenziale di cinque anni dalla commissione della violazione ovvero entro il diverso termine previsto dalle singole leggi d’imposta.

Se la notificazione è stata eseguita nei termini previsti ad almeno uno degli autori dell’infrazione o degli obbligati in solido, il termine è prorogato di un anno (art. 20, comma 2).

La procedura prevede (art. 16, comma 2) che l’organo competente all’irrogazione delle sanzioni notifichi anzitutto al trasgressore un atto di contestazione il quale deve contenere a pena di nullità (da ritenersi insanabile):

  1. i fatti attribuiti al trasgressore;
  2. gli elementi probatori;
  3. le norme applicate;
  4. i criteri che si intende seguire per la determinazione delle sanzioni [1].

[1] Al riguardo occorre osservare che sembra sussistere una palese incongruenza tra il secondo ed il terzo comma dell’art. 16: mentre, infatti, il primo impone all’Ufficio di indicare, nell’atto di contestazione, i criteri “che ritiene di seguire per la determinazione delle sanzioni e della loro entità”, il secondo (il terzo comma, cioè) dà facoltà al contribuente di definire la violazione mediante il pagamento di una somma pari ad un quarto della sanzione indicata nell’atto di contestazione, la quale, dunque, dovrebbe essere già determinata nella sua entità. Per dare coerenza al sistema, la citata locuzione di cui al comma 2 dovrebbe essere letta come se dicesse “che ha seguito per la determinazione delle sanzioni e della loro entità”.

L’atto di contestazione deve inoltre contenere l’invito al pagamento delle somme secondo la procedura di definizione agevolata di cui diremo tra breve o, in alternativa, a produrre deduzioni difensive, nonché l’indicazione dell’organo al quale proporre l’impugnazione dell’atto (art. 16, comma 6).

Entro i sessanta giorni successivi alla notificazione dell’atto di contestazione, il trasgressore e gli obbligati in solido possono, in alternativa:

  1. ricorrere alla “definizione agevolata” della controversia con il pagamento di un quarto della sanzione indicata dall’Ufficio o dall’ente, inibendo così l’applicazione delle sanzioni accessorie (art. 16, comma 3);
  2. produrre deduzioni difensive intese, evidentemente, a determinare un diverso dimensionamento delle sanzioni o, addirittura, a suscitare nell’Ufficio o ente competente, un totale ripensamento.

Qualora il trasgressore e gli obbligati in solido non abbiano optato per nessuna delle due soluzioni sopra indicate, l’atto di contestazione si tramuta automaticamente in atto di irrogazione (art. 16, comma 4), costituente a tutti gli effetti titolo valido per la riscossione.

Avverso tale provvedimento, ed entro i sessanta giorni successivi alla sua notificazione, è esperibile ricorso giurisdizionale alla commissione tributaria provinciale competente (art. 18, comma 1). Il ricorso è inammissibile se proposto dopo la presentazione delle memorie difensive. Inoltre, se dopo la proposizione del ricorso, il contribuente presenta (nei termini, n.d.r.) all’Ufficio competente le proprie deduzioni difensive, il ricorso stesso deve essere dichiarato improcedibile (art. 16, comma 5) [2].

[2] Vale la pena osservare che il comma 5 dell’art. 16 esordisce asserendo “L’impugnazione immediata non è ammessa”. Tale affermazione sembra voler sottolineare l’impossibilità di impugnare l’atto di contestazione fino a quando questo non si sia tramutato in un provvedimento di irrogazione (art. 17), circostanza, questa, che si produce solo allo spirare del sessantesimo giorno successivo alla notificazione dell’atto di contestazione medesima, se in tale arco di tempo il contribuente non abbia adito la via della definizione agevolata, né abbia presentato memorie difensive. Non può tuttavia non osservarsi che l’affermazione stessa è contraddetta dalla restante disciplina e, in particolare, dalla disposizione recata all’ultimo periodo del comma 4dell’art. 16, secondo cui l’atto di contestazione, divenuto medio tempore atto di irrogazione, è impugnabile entro i sessanta giorni successivi alla sua notifica e, cioè, entro il medesimo termine concesso per imboccare la strada della definizione agevolata o per presentare deduzioni difensive. In sintesi: dal primo al sessantesimo giorno successivo alla notificazione dell’atto di contestazione questo, pendendo il termine per la definizione agevolata o per la proposizione di memorie, non si tramuterebbe in atto di irrogazione e non potrebbe perciò essere impugnato. A partire dal sessantesimo giorno, avendo assunto la qualifica formale di provvedimento di irrogazione della sanzione, l’atto di contestazione potrebbe essere legittimamente impugnato, ma il ricorso dovrebbe essere considerato tardivo, in quanto presentato oltre il termine concesso (sessanta giorni a partire dalla data della sua notificazione) e dichiarato perciò inammissibile. La contraddizione emarginata è confermata dal disposto del comma 6 dell’art. 16, secondo cui l’atto di contestazione deve recare, tra l’altro, l’indicazione dell’organo cui proporre impugnazione immediata (che però, ai sensi del precedente comma 5 non è ammessa). Per risolvere la contraddizione, possono essere considerate due alternative:

  • ammettere che dal momento in cui l’atto di contestazione si tramuta in provvedimento di irrogazione decorrono altri sessanta giorni per procedere alla sua impugnativa;
  • ammettere l’immediata impugnazione dell’atto di contestazione come ipotesi di comportamento alternativo alla definizione agevolata o alla presentazione delle memorie difensive.

Quando le sanzioni si riferiscano a tributi rispetto ai quali non sussiste la giurisdizione delle Commissioni, può essere proposto ricorso amministrativo alla Direzione regionale competente in relazione alla sede dell’Ufficio che ha irrogato la sanzione [3], oppure avviata azione avanti all’autorità giudiziaria ordinaria la quale può comunque essere adita dopo la decisione amministrativa ed entro centottanta giorni dalla sua notificazione (art. 18, comma 2).

[3] Ovvero ad altro organo indicato da disposizioni di leggi speciali.

Il terzo comma dell’art. 18 specifica poi che in presenza di più soggetti portatori di legittimazione attiva a ricorrere, ove uno di essi adisca l’Autorità giudiziaria, il ricorso amministrativo diviene inammissibile e, se già presentato, improcedibile [4], con la conseguenza che la controversia pendente deve essere riproposta al giudice ordinario nel termine di centottanta giorni dalla notificazione della decisione di improcedibilità.

[4] La disciplina dei ricorsi amministrativi è oggi contenuta nel D.P.R. n. 1199/71.

A norma dell’ultimo comma dell’art. 18, le decisioni delle Commissioni tributarie e dell’Autorità giudiziaria sono immediatamente esecutive, nei limiti stabiliti dall’art. 19, il quale detta disposizioni in ordine alla riscossione frazionata delle sanzioni irrogate lungo il corso di svolgimento dell’iter contenzioso, e relative alla eventuale sospensione cautelare della riscossione ex art. 47 del D. Lgs. n. 546/92.

Le modalità di riscossione in fase contenziosa sono riassunte nella tabella seguente:

Grado del giudizio

Ammontare delle sanzioni riscuotibili

Dopo la sentenza della Commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso.Due terzi delle sanzioni irrogate.
Dopo la sentenza della Commissione tributaria provinciale che accoglie parzialmente il ricorso.Per l’ammontare stabilito dalla decisione e, comunque, non oltre i due terzi delle sanzioni irrogate.
Dopo la sentenza della Commissione tributaria regionale.Per l’ammontare residuo (ove esistente) delle sanzioni irrogate.

Vale la pena rammentare al riguardo che, a norma dell’art. 19, comma 2, la Commissione tributaria regionale (non dunque anche quella provinciale) può sospendere la riscossione delle sanzioni quando, ad istanza del contribuente, sia stato attivato il procedimento cautelare di cui all’art. 47 del D. Lgs. n. 546/92, rispetto al quale il successivo comma 3 dell’art. 19 medesimo introduce peraltro un’importante variante, stabilendo che la sospensione deve essere concessa se viene presentata idonea garanzia, anche a mezzo di fidejussione bancaria o assicurativa (mentre ai sensi dell’art. 47 richiamato, la presentazione di garanzia è uno degli elementi, ma non quello necessariamente decisivo, in virtù dei quali il giudice adito stabilisce di concedere la sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato [5].

[5] E’ da ritenersi che l’obbligo di concedere la sospensione scatti indipendentemente dalla verifica della sussistenza dei requisiti del fumus boni juris e del periculum in mora.

Una specifica disciplina è poi prevista nel caso in cui non sussista la giurisdizione delle Commissioni tributarie. In questo caso, infatti, la sanzione è riscossa provvisoriamente dopo la decisione dell’organo al quale è proposto ricorso amministrativo, nei limiti della metà dell’ammontare da questo stabilito. L’Autorità giudiziaria ordinaria successivamente adita, se dall’esecuzione può derivare un danno grave ed irreparabile, può disporre la sospensione e deve disporla se viene offerta idonea garanzia (art. 19, comma 4).

Il successivo quinto comma, poi, stabilisce che se l’azione viene iniziata avanti all’Autorità giudiziaria ordinaria ovvero se questa viene adita dopo la decisione dell’organo amministrativo, la sanzione pecuniaria è riscossa per intero o per il suo residuo ammontare dopo la sentenza di primo grado, salva l’eventuale sospensione disposta dal giudice d’appello secondo le previsioni dei commi 2, 3 e 4.

Infine, se in esito alla sentenza di primo o secondo grado la somma già corrisposta eccede quella che risulta dovuta, l’Ufficio (o l’ente – n.d.r.) deve provvedere al rimborso della differenza entro novanta giorni dalla comunicazione o notificazione della sentenza (art. 19, comma 6).

Ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 19, le sanzioni accessorie sono applicate quando il provvedimento di irrogazione è divenuto definitivo.

Secondo quanto disposto dall’ultimo comma dell’art. 16, se il contribuente omette di presentare ricorso ovvero dopo averlo presentato inoltra le proprie deduzioni difensive all’Ufficio (in questo caso, come già osservato, il ricorso diviene improcedibile), nel termine di decadenza di un anno dalla loro presentazione, l’Ufficio medesimo irroga, se del caso, le sanzioni con atto motivato a pena di nullità anche tenendo conto delle citate deduzioni [6].

[6] Tale disposizione incide profondamente sulla disciplina dettata in tema di decadenza dal successivo art. 20. Infatti, ove l’Ufficio notifichi l’atto di contestazione a breve distanza di tempo dalla commissione della violazione ed il contribuente presenti entro sessanta giorni le proprie memorie difensive, il termine di cinque anni stabilito dal citato art. 20, verrebbe considerevolmente compresso. Si consideri, a titolo esemplificativo, il caso in cui una violazione commessa il 1° gennaio 1999 venga contestata in data 1° febbraio 1999. Se il contribuente presenta le proprie memorie difensive entro il termine dei sessanta giorni successivi alla notifica dell’atto di contestazione, l’Ufficio sarà tenuto ad emanare l’atto di irrogazione entro il 1° febbraio del 2000, quando, non concedendo al trasgressore tale opportunità (per fare la qual cosa è sufficiente procedere direttamente, ove consentito, ex art. 17, comma 1), l’Ufficio preserverebbe a sé la possibilità di notificare l’atto (di irrogazione) entro il 1° gennaio del 2004. La ratio della disposizione sembra risiedere nella volontà di accelerare quanto più possibile la definizione delle violazioni di carattere non sostanziale (non legate al tributo), per le quali, infatti, non dovrebbe essere ammesso il ricorso alla procedura ex art. 17.

A tutela del contribuente è stato previsto che, in ogni caso, quando l’atto di irrogazione non venga notificato entro centoventi giorni dalla presentazione delle deduzioni, cessa ope legis l’efficacia delle misure cautelari concesse ai sensi dell’art. 22 successivo.

Gen. Prof. Salvatore Gallo