Il trattamento tributario degli arretrati degli emolumenti spettanti ai giudici tributari: si e’ posto realmente rimedio all’iniquita’?
Il D. Lgs. 314/97 ha finalmente esteso, dal 1° gennaio 1998, la tassazione separata a qualsiasi reddito assimilato al lavoro dipendente.
Si vuole focalizzare in questo articolo la tormentata vicenda tributaria dei compensi spettanti ai giudici tributari.
Anteriormente all’entrata in vigore del nuovo processo tributario, il regime fiscale di questi redditi era illustrato e ribadito, dopo una serie di precedenti circolari, con Circolare 18 giugno 1995, n. 183/E. Quest’ultima affermava l’impossibilità di qualificare i compensi percepiti dai componenti delle commissioni tributarie, che non rivestivano la qualifica di dipendenti dello Stato, come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Tali redditi avevano, per la circolare, natura diversa a seconda del soggetto percipiente: nel caso fossero corrisposti a pubblici dipendenti in attività di servizio rientravano nei redditi di lavoro dipendente, mentre se il giudice fosse stato libero professionista anche detti redditi sarebbero rientrati nella categoria del lavoro autonomo.
Con l’entrata in vigore del nuovo contenzioso tributario, attraverso i decreti legislativi n. 545 e 546 del 31 dicembre 1992, il Ministero delle Finanze, con Circolare 212/E, ha chiarito nuovamente la propria posizione in relazione alla qualifica di detti redditi.
Sulla base della considerazione che, a seguito dei cambiamenti intervenuti nella giustizia tributaria, è mutato lo status di giudice tributario, il Ministero delle Finanze ha ritenuto di ravvisare, nel rapporto che lega il giudice tributario all’Amministrazione Statale, l’esercizio di una pubblica funzione. Dall’unitarietà della funzione giurisdizionale alla quale ora tutti i giudici sono chiamati sulla base di un concorso per titoli, il Ministero fa di conseguenza discendere l’unicità del regime impositivo per i compensi percepiti nell’esercizio della funzione medesima.
La conclusione della succitata Circolare è che tutti i compensi in questione debbano ritenersi compresi nella categoria di cui all’art. 47, 1° comma, lettera f), cioè nella categoria dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
Da ciò ne derivava l’inapplicabilità del meccanismo della tassazione separata agli arretrati dei compensi dei giudici tributari poiché l’art. 16, comma 1°, lett. b) del T.U.I.R. includeva, prima della modifica di quest’anno, solamente le ipotesi di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente delle lettere a) e g) dell’art. 47.
Il differente trattamento che l’art. 16 riservava alle diverse categorie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente è stato, come ricordato all’inizio dell’articolo, dal 1° gennaio 1998, eliminato con una modifica dell’art. 16 del T.U.I.R. che permette a tutti i tipi di reddito assimilato al lavoro dipendente di fruire del beneficio della tassazione separata.
La relazione governativa al D. Lgs. 2/9/97 n. 314, che ha introdotto la modifica, ha sottolineato come l’art. 16, nella versione precedente, creasse un’ingiustificata esclusione dal regime di tassazione separata in qualità di arretrati della maggior parte dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
Tale esclusione aveva già portato peraltro la Corte Costituzionale a dichiarare la parziale illegittimità costituzionale della lettera b) dell’art. 16 con sentenza n. 287 dell’11.07.1996.
Ci permettiamo allora sommessamente di fare una breve riflessione giuridica.
La sentenza della Corte Costituzionale ha già censurato, sotto il profilo costituzionale, il trattamento più favorevole riservato alle categorie di reddito di cui all’art. 47, lettere a) e g) rispetto a quello dell’indennità di disoccupazione in quanto, a parere della Corte, il mancato esplicito riferimento nell’art. 16 T.U.I.R., dell’indennità medesima non consentirebbe di estendere il regime più favorevole della tassazione separata previsto per le altre categorie di emolumenti espressamente indicati. Nella sentenza della Corte si constatava che peraltro non era possibile colmare tale lacuna in via interpretativa.
E’ nostro parere che la censura della Corte Costituzionale possa essere avanzata anche per gli arretrati degli emolumenti percepiti dai giudici tributari in periodi anteriori al 1° gennaio 1998 in ragione della diversità di trattamento loro riservata rispetto a tipologie di reddito assimilato a quello di lavoro dipendente al tempo espressamente previste e beneficiarie del regime più favorevole della tassazione separata.
Notiamo, incidentalmente, che la modifica legislativa dell’art. 16 T.U.I.R. si è avuta in conseguenza della sentenza sopra ricordata e che non pare difficile ravvisare anche un ingiustificato differente trattamento temporale degli arretrati di compensi tributari per cui quelli percepiti ante 1998 dovrebbero sopportare il più oneroso carico della tassazione ordinaria, costringendo così il contribuente ad applicare un’aliquota marginale IRPEF più elevata rispetto al trattamento più favorevole ed equo previsto per gli arretrati percepiti nel periodo d’imposta 1998.
D’altra parte non si capisce perché, fino al periodo d’imposta 1997, in quell’elenco di fattispecie di reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, che presentavano notevole disomogeneità fra loro pur essendo catalogate dal legislatore sotto un’unica classificazione, dovessero godere di trattamento privilegiato solo i compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro (art. 47, lettera a)) e le indennità percepite dai membri del Parlamento nazionale ed europeo o per altre cariche elettive previste dalla Costituzione (art. 47, lett. g)).
L’elenco dei redditi assimilati, redatto utilizzando lo strumento tributario dell’assimilazione e qualificando come di lavoro dipendente attività che difficilmente hanno una precisa qualificazione giuridica (per esempio le cariche elettive o le borse di studio), aggiunto a una discriminatoria politica fiscale di utilizzo della tassazione separata, rappresentava la volontà del legislatore di trattare diversamente classi di contribuenti già assimilati peraltro in maniera discutibile.
La soluzione a questo trattamento iniquo che, risolto positivamente per i redditi del periodo d’imposta 1998 e successivi, è ancora esistente per quelli dell’anno 1997, potrebbe allora essere quella, per gli arretrati di emolumenti riferentisi ad anni precedenti al 1998, di pagare in prima istanza le imposte in base alla tassazione ordinaria ed immediatamente di proporre istanza alla Direzione Regionale delle Entrate per la ripetizione dell’indebito.
Quindi, trascorsi eventualmente i novanta giorni senza vedere soddisfatta la propria pretesa, proporre ricorso alla Commissione Tributaria avanzando la presunta violazione del principio costituzionale di uguaglianza in considerazione dei motivi precedentemente illustrati.
Dottori Commercialisti
Antonella Scherillo
Stefano Spagiari