Avv. Grazia Ciarlitto

Presidente Confederazione Unitaria Giudici Italiani Tributari – C.U.G.I.T.

Trattare del tema dei rapporti tra Amministrazione e cittadino significa porre in risalto l’attuale stato di sudditanza del secondo nei confronti della prima che si impone con modi indiscutibili e con linguaggio inintellegibile.

Se tuttavia verifichiamo lo stato dei rapporti tra Amministrazione e Giustizia tributaria, cambiano i soggetti restando immutata la sostanza: perseguendo la prima l’obiettivo di ridurre in stato di sudditanza la seconda, ne snatura la funzione e ne attenta la dignità.

Parlando di amministrazione mi riferisco naturalmente all’amministrazione finanziaria, “spina nel fianco” dei giudici tributari e quindi della giustizia tributaria nel suo complesso.

Il mio personale pensiero che è poi quello dell’associazione dei giudici tributari che rappresento, la C.U.G.I.T. appunto, è che ciascuno dovrebbe svolgere il proprio ruolo nel rispetto delle regole democratiche e dei limiti assegnati; l’Amministrazione Finanziaria, pertanto, in quanto parte del processo tributario, dovrebbe difendere il proprio operato nell’ambito del processo, rimettendosi poi, come il cittadino-contribuente ed alla pari con esso, alla decisione del giudice, rispettandone la terzietà, la professionalità e la responsabilità delle decisioni che si assume. Ma le cose non sono così semplici: la complicazione comincia dal fatto che i giudici tributari “dipendono” dal Ministero delle Finanze dal quale sono pagati; anche i dipendenti delle Commissioni tributarie sono retribuiti dal Ministero delle Finanze sui quali esso esercita anche il potere gerarchico, persino il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, organo di autogoverno dei giudici e quindi momento di sintesi dell’autonomia degli stessi, è collocato presso il Ministero delle Finanze.

Se la complicazione è insita ab origine nella struttura della “giustizia tributaria” i problemi subentrano quando avvalendosi della propria posizione “anomala” con i poteri che essa comporta, l’Amministrazione agisce d’autorità o meglio, d’autoritarismo verso la compagine dei giudici.

E’ sufficiente al proposito, rammentare il contenuto della circolare n. 39/E del 1998 con la quale l’Amministrazione Finanziaria aprì la crociata contro il giudice tributario incompatibile da stanare e denunciare anche utilizzando l’arma, in sue mani a tutt’altro scopo, della verifica fiscale, per arrivare alle questioni insorte intorno alle poche lire da attribuire ai giudici per aver lavorato nei procedimenti cautelari introdotti dalle istanze di sospensione degli atti impositivi: non solo l’Amministrazione ha negato d’imperio il diritto dei giudici al compenso ma ha “ordinato” ai propri dipendenti, presso le Commissioni tributarie di recuperare, compensando, le somme già corrisposte per l’anno precedente.

A titolo di cronaca si ricorda che tali somme furono legittimamente corrisposte ai giudici in base alle varie risoluzioni del Consiglio di Presidenza, unico organo ad avere la competenza funzionale, legislativamente attribuita, di esprimere pareri sui compensi ai giudici tributari.

Se questi sono i fatti, a dir poco preoccupanti, come giudice tributario e rappresentante di un’associazione di giudici, non posso esimermi dal combattere la battaglia dell’autonomia della Giustizia tributaria dal Ministero delle Finanze che meglio si troverebbe nell’alveo del Ministero di Grazia e Giustizia.

Questo per il futuro, nell’immediato invece voglio dar conto delle iniziative intraprese dalla C.U.G.I.T. allo scopo di denunciare ai rappresentanti del potere politico e del governo l’illegittimità dell’azione dell’amministrazione finanziaria quest’ultima più volte sollecitata, insieme al Consiglio di Presidenza, al democratico confronto nella trasparenza della condotta e nella chiarezza degli intenti: i giudici tributari non intendono rinunciare alla propria professionalità, alla dignità né all’indipendenza essenziale per lo svolgimento della funzione giudicante; è giunto quindi il momento che ciascuno capisca e si attenga al proprio ruolo, sia esso di parte del processo o di giudice, affinché la giustizia tributaria, come pure dovrebbe essere l’amministrazione, possa serenamente essere al servizio del cittadino.

Avv. Grazia Ciarlitto