RELAZIONE DELL’ORDINE DISTRETTUALE DEGLI AVVOCATI DI VENEZIA
Eccellentissimo signor Presidente, eccellentissimi Magistrati, Dirigenti dell’Agenzia delle Entrate, Autorità, Colleghi tutti, Signore e Signori, anche quest’anno ho l’onore di rappresentare l’Ordine Distrettuale degli Avvocati di Venezia e il conseguente privilegio di partecipare attivamente a questa cerimonia nella quale all’aspetto celebrativo si aggiunge, e risalta, quello di analisi dei problemi della giustizia tributaria e di suggerimento dei rimedi per superarli.
Si tratta per me del quarto anno consecutivo e mi sento in obbligo, visto che forse non avrò altra opportunità scadendo il mio secondo mandato, di fare una sintesi di quanto sin qui vissuto e appreso.
In occasione di questo annuale incontro, i cultori e gli operatori della materia tributaria, e tra questi gli avvocati, hanno evidenziato molti aspetti critici dell’attuale sistema tributario invocando l’adozione di correttivi per superare le troppe storture, anche di rilievo costituzionale.
E’ stata denunciata la ripetuta violazione dell’art. 23 della Costituzione secondo cui nessuna prestazione patrimoniale può essere imposta se non per legge, principio disatteso dal continuo ricorso alla decretazione d’urgenza, alla reiterazione dei decreti, sino a giungere a delegare all’Amministrazione Finanziaria il potere di intervenire, con decreti ministeriali, nella disciplina di importanti tributi.
E’ stata denunciata la violazione dell’art. 72 della Costituzione che impone al legislatore che la legge sia analizzata e discussa in Parlamento articolo per articolo: sennonché nella “piena osservanza” del dettato costituzionale il nostro legislatore ci propina leggi come la Finanziaria, che rappresenta lo strumento principe di legislazione fiscale, composte da pochissimi articoli se non da un unico articolo contenente centinaia e centinaia di commi, ognuno dei quali tratta temi disomogenei, non coordinati né coordinabili (ricordiamo la finanziaria del 2007 costituita da un unico articolo per complessivi 1364 commi sviluppati in 335 pagine).
È stato denunciato l’intento volutamente elusivo di quel dibattito parlamentare che solo può essere garanzia di ponderazione ed equilibrio nell’adozione di norme che incidono direttamente sui diritti e sulla misura della contribuzione dei cittadini al funzionamento dello Stato.
E’ stato denunciato come il contesto di “illegalità costituzionale” nel settore tributario fosse così diffuso che lo stesso legislatore ha dovuto riconoscerlo promulgando la legge 212 del 2000, “disposizioni in materia di statuto del contribuente” che in larga parte si risolvono in un forte richiamo al rispetto di quei principi costituzionali per troppo tempo disattesi.
Tant’è che all’art. 2 dello Statuto del contribuente viene richiamato il principio di chiarezza e trasparenza della norma tributaria, sistematicamente disatteso come conseguenza della violazione degli artt. 70 e 72 della Costituzione che disciplinano la formazione delle leggi.
All’art. 3 viene ribadito il divieto di retroattività delle disposizioni tributarie, principio già sancito all’art. 11 delle preleggi secondo cui la legge “dispone solo per il futuro”.
All’art. 4 statuisce il divieto di introdurre nuovi tributi con decreto legge, principio già contenuto all’art. 23 della Costituzione.
Poche le novità, ma forte l’enunciazione dei principi che purtroppo vediamo ancora oggi in troppa larga parte disattesi: basta aprire un codice commentato per rilevare quanto effìmere si siano dimostrate le buone intenzioni del legislatore considerato che il principio di irretroattività sancito dall’art. 3, a meno di tre mesi dall’entrata in vigore dello Statuto, è stato derogata dall’art. 5 comma 3 della legge 18 ottobre 2001 e poi subito dopo dall’art. 1 comma 67 della legge 30 dicembre 2004 N. 311 e poi ancora dall’art. 1, comma 424, della medesima legge (costituita da un unico articolo di 572 commi), che dispongono “in deroga dell’art. 3 della legge 27 luglio 200 N. 212” ….
E’ stato denunciato come sia costantemente disatteso il principio di chiarezza e trasparenza delle norme tributarie, prescritto anche dall’art. 2 dello Statuto, in quanto la legislazione è da sempre ed ancora farraginosa per il susseguirsi di disposizioni spesso oscure e contraddittorie, delle quali si stenta a cogliere non solo un coerente disegno ispiratore, ma addirittura lo specifico contenuto precettivo.
E’ stato denunciato il fenomeno patologico del cosiddetto “omeomorfismo legislativo” che sta a designare la formulazione della norma attraverso il rinvio ad altre norme e relative modificazioni successive che vengono individuate non mediante richiamo degli enunciati (titolo e testo) ma attraverso le cifre indicative della data, del numero e dell’articolo così rendendo il precetto normativo certamente incomprensibile per il cittadino, ma anche difficilmente comprensibile dal più qualificato operatore; ancor più incomprensibile se si tiene conto delle teorie che hanno avuto anche recentemente il supporto della Corte di Cassazione secondo cui il dettato apparentemente chiaro di una norma sarebbe diverso da quanto appare e ciò in funzione di un cd. “rinvio statico” al tenore della norma nel testo vigente al momento in cui è stato operato il rinvio e non nel testo attuale. Assurdo pensare che il contribuente possa ricavare un contenuto precettivo diverso dal chiaro tenore della norma attraverso una ricostruzione della genesi della legge, riuscendo a risalire a un dettato diverso dall’attuale per poi valutare e cogliere, chissà come, quale sia il tenore del rinvio, se statico o dinamico.
E’ stato denunciato come il principio di riserva di legge stabilito dall’art. 23 della Costituzione sia ancora costantemente disatteso attraverso il continuo utilizzo di fonti normative di secondo grado, fra cui i decreti ministeriali che di fatto definiscono troppo spesso il contenuto della pretesa tributaria. E’ sufficiente ricordare, ad esempio, la normativa riguardante l’accertamento sintetico in cui viene demandato a decreto ministeriale di stabilire indici e coefficienti presuntivi da applicare agli elementi indicativi di capacità contributiva, addirittura riferiti ad anni di imposta precedenti alla emanazione dei decreti che al momento della dichiarazione non erano conosciuti, nè conoscibili dal contribuente.
È stata denunciata la violazione dell’art. 53 della Costituzione che sancisce il principio di capacità contributiva attraverso la costante adozione degli studi di settore che individuano una media statistica e presuntiva, non certo aderenti all’effettiva capacità del contribuente.
E’ stata denunciata una sempre minore certezza del diritto alla luce anche delle recenti sentenze della cassazione sul cosiddetto “abuso di diritto”.
Quanto alla giurisdizione è stata da più parti invocata una riforma costituzionale tale da dare ai “Giudici Tributari” pari dignità rispetto alle altre giurisdizioni, quella ordinaria, quella amministrativa e quella contabile.
E’ stata denunciata la posizione di inferiorità in cui viene a trovarsi il contribuente nel processo tributario vedendo limitato il potere probatorio a seguito del divieto delle prove testimoniali, laddove l’Amministrazione delle Finanze dispone di poteri di indagine e di accertamento quasi assoluti.
E’ stata denunciata la posizione di eccessiva soggezione in cui si trova il contribuente rispetto all’esecuzione esattoriale, caratterizzata dagli straordinari strumenti di cui dispone l’esattore che sempre più spesso, ad esempio, iscrivendo ipoteca all’insaputa del contribuente per un credito di poche migliaia di euro rispetto al cospicuo valore immobiliare, orienta il proprio agire più alla lievitazione dei costi che al rapido soddisfacimento della pretesa.
Queste solo alcune delle problematiche emerse negli anni precedenti e che, purtroppo, devono essere ancora riproposte nell’avvilente considerazione che, nonostante l’importanza della sede in cui vengono annualmente esposte, non hanno trovato ascolto e considerazione.
Perché questo non abbia a perpetrarsi all’infinito, è mia convinzione sia opportuno e possibile pensare che tutti i soggetti annualmente presenti in questo qualificato consesso si costituiscano in un organismo permanente che si riunisca periodicamente, per esempio con cadenza trimestrale. Sarebbe così possibile elaborare, confrontare ed approfondire gli utili spunti che puntualmente in questa sede emergono per trasformarli in compiute analisi idonee ad ispirare disegni di legge, riforme e comunque pubblicazioni che possano indirizzare il legislatore. Sarebbe così possibile creare a Venezia, che gode del patrimonio speciale rappresentato dal clima di fattiva collaborazione tra tutti coloro che operano nell’ambito della giustizia tributaria, Magistrati, operatori delle Commissioni Tributarie, professionisti, Università, Agenzia delle Entrate ed Esattoria, cultori della materia, ….. , un “laboratorio” di analisi ed approfondimento delle tematiche tributarie che possano essere di indirizzo e di miglioramento del sistema della giustizia tributaria. Auspico, quindi, che l’inaugurazione dell’anno tributario 2012 possa essere l’occasione per portare all’attenzione dell’opinione pubblica non solo spunti di singoli operatori, ma il risultato di approfonditi studi e di proposte condivise destinate a incidere concretamente e positivamente sull’andamento della giustizia tributaria.
Nel garantire, comunque, il concreto impegno dell’Avvocatura, auguro a tutti un anno sereno e fattivo.
Avv. Ruggero Sonino