RELAZIONE DELLA ASSOCIAZIONE MAGISTRATI TRIBUTARI

L’anno appena trascorso è stato denso di avvenimenti per il mondo della Giustizia Tributaria. L’elenco va dalla cerimonia celebrativa dell’anno giudi­ziario tributario, solennemente tenutasi per la prima volta nel mese di marzo presso la Suprema Corte di Cassazione con l’intervento del Presidente Emerito della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro; alla istituzione dei tavoli tec­nici trilaterali, con la partecipazione del Ministero dell’Economia, del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, e dell’A.M.T.; alla seconda edizione del Salone della Giustizia a Rimini, con una giornata (5 dicembre) dedicata alla Giustizia Tributaria. Senza dimenticare, sotto il profilo associa­tivo, la manifestazione di protesta silenziosa indetta dall’A.M.T., per il gior­no 30 giugno, innanzi al Ministero dell’Economia (la prima nel suo genere), ed ancor più, il IV Congresso Nazionale dell’A.M.T., tenutosi a Sanremo nei giorni 26, 27 e 28 novembre scorsi.

Non ci si deve nascondere che il momento storico è particolarmente dif­ficile per il Paese, non solo sotto l’aspetto economico e finanziario, ma anche sotto il profilo politico ed istituzionale. La contestazione investe tutte le Istituzioni di garanzia, in ragione della funzione di controllo che esse eser­citano, in un clima generale che vede aumentare l’insofferenza, a molti livel­li, per il rispetto di quelle regole che sono alla base del corretto funziona­mento di ogni ordinamento realmente democratico. Nemmeno la giustizia tributaria sembra immune da polemiche, amplificate dallo scalpore suscita­to da notizie di stampa relative a vicende di rilevanza penale che hanno riguardato alcuni casi di infedele esercizio della funzione giudiziaria, non­ché l’appartenenza o la contiguità di alcuni componenti di Commissioni – qualità, questa, ripetutamente richiamata, anche se in qualche caso non più attuale – ad una associazione segreta denominata giornalisticamente P3.

L’Associazione Magistrati Tributari respinge nettamente ogni generaliz­zazione, in special modo ove da episodi sporadici – peraltro rilevabili in ogni magistratura – si intendesse trarre pretesto per riposizionare all’indietro le lancette dell’orologio ad un tempo in cui quella tributaria era una giustizia poco più che “ancillare”, del tutto residuale rispetto alle altre giurisdizioni. E’ bene ribadire ad alta voce che gli episodi emersi, che vanno comunque riscontrati nella sede competente, per quanto stigmatizzabili, presentano una consistenza statistica non superiore a quella riscontrabile in altre giuri­sdizioni, e che il corpo dei magistrati tributari è un corpo sano e responsa­bile, pienamente consapevole della delicatezza ed importanza della funzio­ne esercitata e dei doveri che essa comporta. L’A.M.T. ribadisce con forza anche in questa sede, rendendosi interprete del comune sentire dei giudici tributari, di esser intervenuta con tempestività sui casi emersi, adottando nei confronti dei soggetti coinvolti i provvedimenti statutariamente previsti.

Sotto altra angolazione, a chi sostiene l’esigenza di attribuire la giurisdi­zione tributaria a magistrati di carriera basti contrapporre i dati, inoppugna­bili, provenienti dalla Suprema Corte di Cassazione, relativi alle percentua­li di annullamento delle sentenze delle Commissioni Tributarie Regionali raffrontate a quelle riferite alle Corti d’Appello: ebbene, per entrambe le provenienze la percentuale si attesta su valori similari (33,5% per le prime, 33% per le seconde). Ancora, rimarchevole appare la circostanza che sia associazioni professionali (A.N.T.I., Convegno Nazionale di Siracusa del­l’ottobre 2010) che, in senso opposto, rappresentanti dell’Amministrazione Finanziaria si dolgano della eccessiva propensione delle Commissioni a dare ragione rispettivamente, per le prime al Fisco, e per i secondi, al contribuen­te. Da questi dati, e da queste dichiarazioni, qualunque osservatore effetti­vamente neutrale non potrà che trarre la conclusione di una giustizia tribu­taria effettivamente equidistante dalle parti in causa, tecnicamente affidabi­le e, allo stesso tempo, in linea con il principio costituzionale del giusto pro­cesso innanzi ad un Giudice terzo ed imparziale: un Giudice la cui compo­sizione “mista” garantisce quella pluralità di cognizioni tecniche e di espe­rienze che arricchiscono il giudizio del Giudice professionale. Nè va dimen­ticato che una “professionalizzazione” della magistratura tributaria avrebbe come immancabile conseguenza la scomparsa di intere categorie di difenso­ri (dottori commercialisti, consulenti del lavoro, ragionieri e periti commer­ciali, ed altri ancora), che quasi certamente non sarebbero legittimate all’as­sistenza tecnica innanzi a sezioni specializzate del Giudice ordinario, ovve­ro innanzi ad un Giudice tributario “togato”. Da ultimo, non va sottaciuto che l’istituzione di un Giudice professionale provocherebbe, a carico del cittadino-contribuente una prevedibile dilatazione dei tempi del giudizio, oggi racchiusi nel “ragionevole” arco medio di due anni per entrambi i gradi di merito.

In tale prospettiva non possono che suscitare preoccupazioni recenti notizie di stampa che preannunziano una riforma della giustizia tributaria elaborata – a quanto pare – nella sede ministeriale senza alcun coinvolgi­mento delle istituzioni consiliari e delle associazioni di categoria. Una rifor­ma così importante quale quella giurisdizionale non può essere affidata sol­tanto alle segrete stanze dell’esecutivo escludendo chi, per competenza ed esperienza, può proporre soluzioni meditate e suggerite da una lunga prati­ca giudiziaria.

Un progetto di riforma del genere, tra l’altro, si porrebbe in aperto con­trasto con gli orientamenti emersi in sede comunitaria sul diretto accesso alla giurisdizione, che rende incompatibile una fase amministrativa che sostituisca un grado di giudizio.

Va rimarcato inoltre che la indipendenza della magistratura tributaria va salvaguardata con il rispetto delle sue prerogative nei confronti del Ministero dell’Economia, talora pregiudicate con iniziative delle Agenzie delle Entrate finalizzate a inammissibili controlli sull’operato dei giudici tri­butari e sui tempi di definizione delle liti.

Con ciò non si vuol dire che l’attuale sistema non possa e non debba essere migliorato. Il progresso della Giustizia tributaria deve passare, da un lato, attraverso una revisione del sistema di reclutamento che assicuri una maggiore valorizzazione dei titoli di studio e di specializzazione nelle mate­rie di interesse tributario, e dall’altro, per un costante potenziamento del­l’aggiornamento professionale. Senza dimenticare le poche ma significative riforme ordinamentali, dal costo pubblico trascurabile o nullo, che i magi­strati tributari, riuniti nel loro IV Congresso Nazionale, hanno inteso così identificare: 1) modifica della denominazione delle Commissioni tributarie in “Tribunali tributari” e “Corti d’appello tributarie”; 2) accessibilità di tutti i magistrati – previo giudizio di idoneità – alle qualifiche di Presidente di Sezione; 3) diversa collocazione degli organi della Giustizia tributaria e del personale amministrativo di supporto, in termini di effettiva indipendenza ed autonomia dal Ministero dell’Economia; 4) introduzione del criterio dell’incompatibilità su base territoriale; 5) abolizione (o derogabilità) del­l’obbligo di residenza; 6) modifica del trattamento economico – con la pre­visione di compensi anche per le pronunce cautelari – che tenga conto del­l’importanza delle liti, e della rilevanza della funzione esercitata; 7) istituzio­ne di un contributo unificato, in base al valore della lite.

Anche il processo tributario può essere ritoccato con pochi ma signifi­cativi interventi: 1) delimitazione in termini generali della giurisdizione tri­butaria; 2) introduzione delle pronunce cautelari anche in grado di appello; 3) ampliamento degli strumenti probatori, nel rispetto del principio costi­tuzionale del “giusto processo”.

Si tratta di questioni che già da tempo l’AMT ha rappresentato al pote­re politico, ricevendone fin dal marzo 2010 segnali di disponibilità, attra­verso le dichiarazioni del Sottosegretario all’Economia, On. Luigi Casero. Segnali che si traducevano nella dichiarata volontà di istituire 5 tavoli di lavoro, ai quali avrebbero dovuto partecipare congiuntamente dirigenti generali del Ministero dell’Economia, componenti del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, e rappresentanti dell’Associazione. Tavoli che sarebbero stati preposti allo studio dei temi dei compensi, delle incompatibilità, degli organici delle CC.TT., della carriera interna, nonché del processo tributario. Il condizionale è d’obbligo, posto che, pur a fronte di una intesa in tal senso concordata ormai quasi un anno fa, e nono­stante le ripetute sollecitazioni dell’Associazione, il Ministero dell’Economia non ha fatto seguire, a tutt’oggi, alcun atto concreto.

In conclusione, permanendo l’attuale stato di silenzio da parte del pote­re esecutivo, non è senza preoccupazione che l’AMT, pur continuando ad auspicare l’apertura di una nuova stagione di rapporti tra Ministero e magi­stratura tributaria, si accinge ad intraprendere ogni più dura ed incisiva azione di protesta (ivi compresa l’astensione prolungata dalle udienze), in osservanza del mandato ricevuto dai Giudici tributari.

Dopo aver dato doverosamente lettura del testo formulato in sede nazio­nale, anche con il nostro contributo, mi pare necessario soffermarmi qual­che istante sulle peculiarità e sulle necessità del nostro Veneto.

Se si scorre, anche frettolosamente, l’indagine sull’andamento della giu­stizia tributaria in Italia, ci si accorge che, per esempio, nel nostro territorio l’indice di litigiosità è estremamente basso, ma se tale desideriamo mante­nerlo è necessario continuare ad usufruire di un numero di giudici sufficien­te ad evadere le controversie in tempi sempre più rapidi. Difatti le pratiche deflattive hanno successo se l’aspettativa di giudizio è in tempi più che ragionevoli. Se ci guardiamo un attimo alle nostre spalle dovremo osservare che nel 1996 i fascicoli giacenti per il secondo grado della Commissione Provinciale di Padova erano oltre 12.000 e per l’intero veneto erano oltre 70.000. Ora i fascicoli presenti in appello sono solo 2.500 circa con l’ob­biettivo non dichiarato, ma fortemente voluto dal nostro Presidente Dr. Chimenz, di ridurlo ancora, grazie anche alla maggior libertà di azione, più volte da noi richiesta su questo palco, e finalmente parzialmente concessa dall’attuale Consiglio di Presidenza.

Ancora di più si potrebbe fare se, fissati alcuni paletti in modo stringen­te, si lasciasse piena autonomia alle varie commissioni. A questo proposito si ritiene opportuno che il Consiglio di Presidenza o un suo rappresentan­te, dopo aver incontrato i vari presidenti di Commissione e le parti che intervengono nel processo, fissi assieme a loro degli obbiettivi, obbiettivi che verranno verificati proprio in sede dell’inaugurazione dell’anno giudi­ziario. Non si può pensare di prescrivere la medesima medicina per situazio­ni sostanzialmente diverse.

Quando passeggio per le piazze della mia città, Padova, ma è un po’ cosi in tutte le città venete, i miei occhi incontrano il Palazzo della Ragione vero cuore della comunità medioevale e ripenso alla saggezza dei nostri progeni­tori che ben avevano chiaro il concetto di una giustizia necessariamente veloce al servizio della certezza degli scambi, forza e centralità per l’esisten­za stessa del comune.

Al piano terra e nelle piazze attigue si svolgevano i commerci e le varie attività manifatturiere, all’ammezzato vi era l’amministrazione finanziaria e la ragioneria, ed infine, al piano superiore, si amministrava la giustizia. Sopra il salone sedevano, in permanenza, alcuni giudici, variamente specia­lizzati, che erano in grado di amministrare la giustizia nel giro di pochissi­mo tempo dall’instaurarsi della lite. Ho detto pochissimo tempo, oggi si direbbe in tempo reale perchè per la quasi totalità delle questioni, la deci­sione veniva presa immediatamente e l’eventuale sanzione veniva subito applicata.

Perchè ho fatto questa digressione? Perchè con il famigerato decreto Visco che non tiene in nessun conto le realtà e le esigenze locali, ma solo il numero dei fascicoli giacenti, il nostro organico è stato ridotto in modo tale che nel giro di qualche anno non saremo più in grado, anche se venissero introdotte ulteriori modifiche deflattive e/o semplificative, di svolgere, cosi come oggi avviene, le nostre funzioni.

Un esempio fra tutti: fra cinque anni il numero complessivo dei giudici della commissione provinciale di Verona sarà ridotto a 10.

Chiedo, pertanto, al Consiglio di Presidenza di iniziare a pensare a qual­che provvedimento che consenta di mantenere alta la guardia anche perchè, dato l’attuale livello dei nostri compensi, è difficile immaginare di poter reclutare, almeno nella nostra regione, nuovi validi giudici provenienti dalle varie professioni. Inoltre, l’esperienza ci insegna che per avere un discreto giudice tributario vi è la necessità di un congruo periodo di tirocinio che gli consenta di potersi approcciare, in modo soddisfacente, alla complessità della materia e dei fatti sui quali siamo chiamati ad esprimere il nostro giu­dizio.

Altra questione, legata alle precedenti, che ritengo dover sottolineare, contando sulla presenza, in questa occasione solenne, del rappresentante del Consiglio di Presidenza, è l’urgenza che vengano messi a concorso i posti di Presidente di Commissione che si renderanno vacanti nell’arco di quest’an­no.

E’ indispensabile che, soprattutto in questo momento di stress della nostra giustizia, non vi siano vuoti rappresentati da presidenti f.f., ma, al contrario, vi siano presidenti la cui durata nell’incarico non sia per un breve lasso di tempo. Deve venir chiesta preventivamente ai presidenti la dispo­nibilità alla presenza di un certo numero di giornate presso la sede della commissione in modo da rappresentare un punto fermo e un riferimento per tutti gli operatori.

Ho parlato poc’anzi di situazione di stress a cui saremo nel giro di poco tempo sottoposti: Con l’entrata in vigore delle nuove norme riguardanti gli avvisi di accertamento ci verrà chiesto di intervenire con giudizi sempre più veloci perchè, soprattutto nella nostra regione dove le piccole e medie imprese sono la quasi totalità del quadro produttivo, un avviso di accerta­mento, divenuto titolo esecutivo, potrebbe tramutarsi in un terremoto capace di distruggere una piccola azienda e con essa i propri posti di lavoro, e oggi, stante l’attuale crisi, non ritengo sia ciò di cui abbiamo bisogno.

Ecco perchè, grazie all’attivismo del Presidente Chimenz, ci incontrere­mo con tutte le parti presenti nel processo per porre in essere tutte quelle iniziative che, pur garantendo un giudizio corretto, possano salvaguardare sia i diritti dell’erario a non vedersi sfuggire il proprio presunto credito, sia quelli del contribuente a non vedersi eccessivamente danneggiato da un fisco alla ricerca di evasori.

Mi auguro che questa occasione ci dia la possibilità di conoscerci meglio e di affrontare le tematiche più delicate ricercando anche le soluzioni a pro­blemi ineludibili che attengono alle richieste, più volte formulate, dagli avvocati tributaristi. Sono i nostri più attenti critici e dobbiamo essere loro grati dal momento che le loro osservazioni sono di stimolo per migliorarci e rendere sempre più elevata la qualità della giustizia amministrata.

Devo riconoscere, concludendo, che, dal nostro insediamento nel 1996, molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare per rendere il servizio al cittadino contribuente sempre più aderente alla necessità dell’attuale socie­tà.

Una breve annotazione, per finire, da più di qualche parte si chiede la presenza di un giudice professionale come giudice tributario.

Riflettiamoci. Quante volte ed in quante occasioni, la sola nostra espe­rienza in campo professionale ha contribuito in modo determinante, a com­prendere la realtà descritta ed a inserirla nel giusto contesto? Pensiamo vera­mente che un giudice professionale sia in grado di svolgere questa funzio­ne?

Pensiamo che i giudici della Cassazione, ai quali va il nostro massimo apprezzamento, siano in grado di comprendere le situazioni di fatto descrit­te negli atti impugnati?

Ritengo infine dover sottolineare che il vero nostro handicap, il vero nostro peccato originale, il vero nostro diuturno conflitto di interessi, supe­rato il quale tutto diverrebbe più normale, sia il nostro essere considerati dalla stessa amministrazione finanziaria una loro costola recalcitrante, un ostacolo continuo alla caccia all’evasione. Ma non è così. Anche loro sono migliorati sotto il pungolo delle nostre decisioni ed è giunto il momento che siano loro stessi a dire che non sono più disposti a tenerci all’interno del proprio apparato.

Lasciateci andare, quindi, tutti ne guadagneremo.

Un grazie a tutti per la pazienza con la quale avete ascoltato queste mie parole ed un grazie del tutto particolare al Dr. Chimenz che a fine anno lascerà l’incarico con l’augurio di poterlo ascoltare, assieme al suo successo­re anche il prossimo anno.

Grazie ancora Signor Presidente

Dott. Antonio De Troia