RELAZIONE DEL CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA GIUSTIZIA TRIBUTARIA
Autorità, Signore, Signori.
Grazie a tutti i presenti e grazie a lei, Presidente. Ho avuto modo, prima del mio intervento, di scorrere e di apprezzare la sua relazione di apertura: fotografa lo stato della giustizia tributaria e i temi di attualità con essenzialità e, ad un tempo, con profondità. La riporterò in Consiglio di Presidenza perché costituisca materia di riflessione e di approfondimento. E’ infatti buona tradizione che le inaugurazioni regionali dell’anno giudiziario tributario scandiscano, nei mesi successivi, gli ordini del giorno del nostro organo di autogoverno.
Ai rappresentanti delle istituzioni e alle autorità religiose, politiche e civili grazie per la loro presenza, che dà anche quest’anno, a questo giorno, il sapore dell’evento.
Ai rappresentanti degli ordini professionali, dell’Amministrazione finanziaria e degli enti impositori, grazie per la testimonianza che oggi rendono, dando voce autorevole alle aspettative delle parti in gioco, ai protagonisti veri di questo nostro processo tributario.
Un grazie particolare tengo infine a indirizzare ai giudici e al personale delle segreterie: ai primi per la professionalità e per l’impegno che dedicano alla funzione loro assegnata e per i risultati raggiunti; al secondo perchè consente, con spirito di servizio, che ciò concretamente e quotidianamente si realizzi.
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E’ la prima volta che intervengo, qui, fuori dalla mia Sicilia, alla inaugurazione di un anno giudiziario per portare, con il saluto del Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria, il bilancio e le prospettive dell’attività svolta.
Il bilancio è quello del solo primo anno intero dell’attività di questo Consiglio, insediatosi nel luglio 2009. Ma è un bilancio ricco, per la articolazione e la vastità dei programmi in cantiere e dei temi aperti, in gran parte già all’attenzione del precedente Consiglio, che ci ha passato il testimone in corsa, in spirito di continuità. Lo articolerò scorrendo le principali attività svolte dalle singole Commissioni referenti del Consiglio di presidenza.
Le prospettive si collegano, essenzialmente, alla informatizzazione del processo tributario ed a talune riforme dell’ordinamento e del processo avvertite, non da ora, come urgenti ma ora divenute indifferibili, alla luce anche della recentissima Raccomandazione adottata dal Comitato dei Ministri, ai sensi dell’articolo 15.b dello Statuto del Consiglio d’Europa agli stati membri sui giudici, siano essi di carriera che onorari.
Detta raccomandazione sottolinea l’importanza di omogeneizzare, in prospettiva comunitaria, le norme ordinamentali dei vari Stati membri adeguando la Costituzione di ogni Stato membro ai principi approvati.
Per razionalizzare la trattazione, accennerò alle prospettive via via che esporrò il bilancio dell’attività delle singole Commissioni e con riferimento alle materie assegnate ai cinque tavoli tecnici istituiti nel 2010 tra Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria, Ministero e Associazione Magistrati tributari. Intendo: “organici”, “carriera”, “incompatibilità” e “processo”. Del tavolo “compensi”, il primo e l’unico ad essere concretamente attivato e per il quale si intravede qualche esito, parlerò a chiusura.
La Commissione “Status-Piante organiche e Flussi”, nel 2010, non si è limitata all’attività ordinaria, peraltro particolarmente impegnativa per la patologica situazione nazionale che caratterizza l’organico dei giudici tributari. Cura infatti l’aggiornamento dei fascicoli personali dei giudici, la copertura delle Presidenze scoperte con “facienti funzioni”, le applicazioni infraregionali per temporanee carenze di organico delle C.T.P. e delle C.T.R. e in attuazione della Legge 24 dicembre 2007 n. 244 in tema di regionalizzazione delle Sezioni della C.T.C., la segnalazione alla Commissione Concorsi delle relative scoperture, nonché la determinazione dei criteri per la formazione delle sezioni e dei collegi giudicanti e per l’assegnazione dei ricorsi con relativa attività di vigilanza.
Ha, inoltre, curato l’ istruttoria per l’attuazione di quanto previsto dal D.L. n.40/2010 che ha posto, come noto, l’ambizioso obiettivo della definizione dell’attività delle Sezioni regionalizzate della Commissione tributaria centrale (circa 235.000 pendenze) entro il 31 dicembre 2012.
Il CPGT ha quindi provveduto a stabilire, con la Risoluzione n. 6/2010, i criteri di nomina in Centrale dei giudici delle C.T.R. e delle C.T.P., ed ha determinato in 130 ricorsi per anno il carico di lavoro minimo da assegnare a ciascun giudice. Sulla base delle graduatorie regionali delle 447 domande pervenute, ha quindi proceduto alle prime 308 applicazioni infraregionali, a parziale copertura dei posti previsti dal D.M. 20.3.2008, c.d. Decreto Visco. Il completamento del programma e il raggiungimento pieno dell’obiettivo saranno possibili solo con l’applicazione degli altri 139 giudici istanti fuori dalle regioni di residenza, ove disponibili, a seguito di emissione di nuovo D.M. che disponga l’implementazione del numero dei collegi e con un intervento legislativo che novelli il D.Lgs. n.545/1992 rimuovendo il vincolo dell’obbligo di residenza di cui all’art.7, lett. m) e derogando ai limiti di applicazione fuori regione di cui all’art.24, lett. m) bis.
Con le Risoluzioni n.5 e n.7/2010 è stato innovato il sistema delle assegnazioni dei fascicoli alle sezioni introducendo una metodologia unica, tramite sorteggio, al fine di garantire la massima trasparenza. Con un lavoro congiunto delle Commissioni Status e Informatizzazione del processo tributario e con la SOGEI è stato già messo a punto un applicativo che recepisce tale metodologia e che consentirà, a breve, la gestione di tali assegnazioni con estrema semplicità e con notevoli risparmi nei tempi.
E’ stata, infine, in questi giorni avviata una revisione -tutta interna al CPGT in attesa del confronto in sede di tavolo tecnico “organici”– delle piante organiche. Occorre infatti determinare le variazioni da apportare al decreto MEF 11 aprile 2008, cd “decreto flussi”: tale atto, emanato a seguito di un monitoraggio sul flusso dei ricorsi relativo al periodo 2005/2007, necessita di un’ulteriore verifica ai fini dell’accertamento dell’effettiva domanda di giustizia tributaria delle varie aree geografiche, essendo stato tale monitoraggio effettuato in un periodo che risentiva ancora degli effetti del condono di cui alla legge 289/2002.
A livello nazionale (al 31.12.2010: 3.942 presenze su 4.669 di organico) il problema è disegnato “a macchia di leopardo”. Le regioni, soprattutto del centro-sud, con le maggiori carenze sul Decreto del MEF, coincidono con quelle che vedono crescere l’arretrato, e ciò in presenza di numerose realtà, soprattutto nel centro-nord, che invece soffrono, se così si può dire, del problema opposto, di apparente esubero di organico. E ciò con indici di produttività per singolo giudice sostanzialmente equivalenti.
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La Commissione “Studi e Documentazione” coordina, tra l’altro, lo studio e l’approfondimento delle iniziative legislative in tema di ordinamento dei giudici tributari e di giustizia tributaria, delle proposte e dei pareri previsti dalla legge o richiesti dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Il bilancio della sua attività si confonde, pertanto, con le prospettive.
In atto costituiscono oggetto di approfondimento, per essere portati al tavolo tecnico “processo”, talune riforme procedimentali.
La legge processuale tributaria, così come risultante dal coordinamento del D. Lgs. n. 546/92 e delle norme di cui al c.p.c, applicabili per rinvio al processo tributario nelle ipotesi di mancata regolamentazione e di compatibilità di esse, ha fin qui consentito la rapida celebrazione dei processi tributari. In detto periodo il legislatore è intervenuto con interventi parziali in direzione dell’ampliamento della sfera di competenza giurisdizionale (art. 12 della legge 8.12.2001, n. 448 che modifica l’art. 2 del D. Lgs. n. 546/92 e art. 3 bis della legge n. 248/2005), oggi piena in materia di tributi.
Oggi, però, a distanza di quasi 15 anni dall’entrata a regime di essa, è necessario intervenire per attuare quegli aggiustamenti della procedura che l’esperienza del tempo e i mutamenti della società e dell’ordinamento giuridico impongono. L’evoluzione è già in atto, trainata dal rinvio dinamico al c.p.c. contenuto nel D.Lgs. n.546/1992. Ricordiamo, ex legge n.69/2009:
– l’istituto delle spese di vittoria di cui all’art.91, 1° c. c.p.c. (condanna alle spese della parte vittoriosa ma per importo inferiore alla proposta conciliativa) che induce le parti a una maggiore ponderazione e lascia intravedere un aumento delle conclusioni dei processi in limine litis;
– la previsione di cui all’art.101, 2° c. c.p.c. (concessione alle parti di termine per dedurre in ipotesi di posizione a base della decisione di una questione rilevabile d’ufficio) che rafforza il principio del contraddittorio, in linea con l’art.111 Cost.;
– la rimessione in termini per errore scusabile ex art.153 c.p.c., che sana -ad esempio – l’ipotesi di inammissibilità per mancato rispetto, non imputabile alla parte, del termine di decadenza per il deposito dell’atto introduttivo relativo ad altro processo, e per l’introduzione normativa, coerente alla elaborazione giurisprudenziale, del principio di non contestazione di cui all’art.115 del c.p.c.
A ciò si aggiunga la semplificazione degli adempimenti processuali di cui alla legge 122/2010, di conversione del D. L. 78/2010 (decorrenza del termine breve per l’impugnativa delle sentenze delle Commissioni Tributarie dalla loro notifica a norma degli artt. 16 e 17 del D. Lgs. n. 546/92) e di cui al D. L. n. 40/2010 (abolizione dell’autorizzazione del Direttore Regionale per gli appelli proposti dagli Uffici delle Agenzie).
In prospettiva -come già rappresentato al Ministro nella Relazione annuale- è auspicabile un intervento del legislatore in direzione di:
– un ampliamento della giurisdizione delle Commissioni Tributarie, come più volte suggerito dalla migliore dottrina e da buona parte degli operatori giuridici, ai contributi previdenziali. Da un lato si allevierebbe l’enorme carico di lavoro della giurisdizione ordinaria, con l’abbreviamento dei tempi di definizione dei giudizi, e dall’altro si rispetterebbero i limiti della cognizione del giudice speciale tributario, più volte ribaditi dalla Corte Costituzionale. La Suprema Corte di Cassazione, infatti, ha, ormai definitivamente, affermato la natura tributaria dei contributi previdenziali;
– una disciplina ad hoc di alcune delle ipotesi di astensione obbligatoria previsti dall’art. 51 cpc, istituto processualcivilistico di difficile applicazione nel processo tributario per semplice rinvio ex art. 6 del D. Lgs. n. 546/92. I casi di astensione obbligatoria e, quindi, di possibile ricusazione, per rapporti di parentela del giudice con una della parti o di alcuno dei difensori, e di pendenza di causa o grave inimicizia o di rapporti di debito o credito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori, è di agevole applicazione nel processo civile. Risultano invece, tali casi, problematici nel nostro processo, dove una delle parti è sempre una pubblica amministrazione in senso lato. Si rende funzionale ad un comportamento omogeneo da parte delle Commissioni una interpretazione “adeguatrice” che tenga conto della natura e della struttura del processo tributario e restringa i fatti di astensione obbligatoria, escludendo da essi i casi in cui il giudice tributario o il coniuge abbia rapporti di debito o credito o causa pendente con l’ufficio che ha emanato l’atto sottoposto alla sua cognizione;
– un intervento chiarificatore sull’annosa questione della sospensione dell’efficacia delle sentenze, argomento sul quale è, di recente, intervenuta la sent. 217/2010 della Corte Costituzionale la quale sembra aver aperto uno spiraglio alla possibilità di sospensione delle sentenze delle Commissioni Tributarie Provinciali e delle sentenze delle Commissioni Tributarie Regionali.
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La Commissione “Formazione”, anche nel corso dell’anno 2010, pur in presenza di una limitata disponibilità finanziaria, ha promosso iniziative intese a perfezionare la formazione e l’aggiornamento professionale dei giudici tributari, presupposti questi imprescindibili perché si possa perseguire lo scopo di un autorevole ed efficiente esercizio della funzione giurisdizionale da parte della magistratura tributaria, anche per la necessità di adeguare e armonizzare la legislazione tributaria nazionale alle direttive comunitarie.
L’obiettivo di acquisire una cultura comune è di particolare rilievo nella giustizia tributaria ove si trovano ad operare soggetti eterogenei per attività professionali, esperienze e interessi culturali. La ricchezza di diversi saperi che ne deriva non deve però risolversi in frammentazione. Si rende necessario il confronto ed il dialogo tra i giudici tributari e le conseguenti ricadute positive sulla ricerca di opzioni ermeneutiche tendenzialmente comuni delle Commissioni Tributarie, presupposti questi indispensabili per un rapporto con il contribuente fondato sulla stima e fiducia nel giudice e nella giustizia tributaria.
Oltre alla concessione del patrocinio a iniziative positivamente valutate e di particolare prestigio, i percorsi di formazione e aggiornamento direttamente programmati, in ottica di formazione permanente, sono stati articolati, in particolare, su iniziative decentrate a livello regionale della durata di una/due giornate, che hanno toccato tutto il territorio nazionale e che hanno trattato, tra l’altro, specificamente, le ricadute sul processo tributario del novellato codice di procedura civile, per il rinvio dinamico di cui all’art.1, 2° comma del D.Lgs. n.546/92.
Proposte più articolate, a livello universitario e post-universitario realizzate in collaborazione con alcuni Atenei, sono state inoltre offerte ai giudici tributari con la prosecuzione e con la riedizione dei consueti master di 1° e di 2° livello.
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La Commissione “Concorsi” -esaurite le procedure concorsuali di cui al bando a 24 posti vacanti di giudice tributario, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 2.1.2009, 4^ serie speciale, n.1- ha istruito per il Consiglio i criteri per la valutazione dei requisiti di partecipazione ai concorsi interni, approvati, in adempimento della finanziaria 2008, con delibera 2252 del 19/10/2010, pubblicata sulla G.U. serie generale n. 261 dell’8/11/2010.
Tali criteri sono fondati esclusivamente sulla qualità e sullo spessore dell’esercizio della funzione, giurisdizionale o direttiva che sia, di giudice tributario.
A breve saranno banditi i relativi concorsi, ai quali seguiranno i concorsi per nuovi giudici tributari; ciò dovrebbe consentire di porre rimedio, nell’arco di un paio d’anni, all’eccessiva contrazione dell’organico di molte Commissioni Tributarie. E’ in corso la ricognizione dei posti disponibili e, come detto, d’intesa con la Commissione Status, la revisione delle piante organiche. Al 31.12.2010 il deficit da coprire, destinato da qui alla pubblicazione del bando a crescere era già di 726 unità, con l’attuale riferimento al Decreto Flussi.
L’espletamento dei concorsi andrà allineato ad un potenziamento e ad un diverso inquadramento del Personale delle Segreterie, che dovrà, quantomeno, trovare collocazione in un ruolo autonomo, per portare a compimento il processo di indipendenza degli organi di giustizia tributaria.
Al tavolo tecnico “carriera”, si dovrà porre, tra l’altro, il tema dell’accesso alla magistratura tributaria, che necessità di un intervento legislativo. Se, infatti, l’accesso alla magistratura tributaria direttamente con la qualifica di Vice presidente di sezione, di Presidente di sezione o di Presidente di Commissione, era, un tempo, giustificata dalla maggiore preparazione tecnica delle categorie alle quali appartenevano i soggetti che potevano rivestire tali qualifiche, oggi che i giudici tributari, tutti i giudici tributari, hanno dimostrato, attraverso la qualità delle sentenze e l’impegno profuso nel costante aggiornamento, un grado di professionalizzazione pari a quello delle altre magistrature, tale differenziazione risulta del tutto ingiustificata. Se a ciò si aggiunge il fatto che, attesa la peculiarità e l’alta specializzazione della materia tributaria, in linea generale, nessun appartenente alle categorie alle quali è consentito l’accesso alla magistratura tributaria può ritenersi fornito di una preparazione superiore a quella delle altre, si evidenzia ancor di più la necessità che l’ingresso nella magistratura tributaria avvenga per tutti dal gradino iniziale di giudice provinciale per poi concorrere, dopo il decorso di un adeguato periodo di tempo e l’accertamento dei requisiti di capacità, alle qualifiche semidirettive e direttive, in attuazione del principio della “pari dignità” e al precetto costituzionale della distinzione dei giudici per le sole funzioni svolte. Onde, poi, impedire il radicamento delle persone nella funzione, tali cariche dovrebbero essere temporanee, accessibili a tutti i giudici che ne posseggano i requisiti, senza distinzione di provenienza o di categoria di appartenenza. Sarebbe, infine, opportuno, prevedere un limite massimo di età per l’accesso alla magistratura tributaria, onde consentire non solo l’inserimento di forze relativamente giovani, ma anche lo svolgersi di un’adeguata “carriera interna”.
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La Commissione “Incompatibilità”, porta al suo attivo, nel 2010, l’approvazione da parte del Consiglio di presidenza, con Risoluzione n.2/2010, del nuovo modello di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, con validità biennale, molto più puntuale e dettagliato del precedente, una vera e propria radiografia di tutti gli aspetti della vita professionale del giudice.
Consentirà un esame più puntuale e approfondito delle posizioni “di confine” e alimenterà un data-base più sofisticato sullo status dei giudici. Inoltre si stanno per mettere in cantiere indagini su campioni, casuali e numericamente significativi, di giudici per alimentare interventi d’iniziativa per una istruttoria mirata delle situazioni di incompatibilità.
E’ una risposta concreta ad un problema attuale. Nonostante la estrema severità della disciplina della incompatibilità e della decadenza in campo tributario (artt. 8 e 12, D. Lgs. n. 545/92) e nonostante la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato in materia e il dovuto rigore degli interventi e dei provvedimenti dell’organo di autogoverno, tale argomento in questi ultimi tempi ha infatti suscitato infondati allarmismi sulla imparzialità dell’esercizio della funzione giurisdizionale, alimentati spesso da una errata rappresentazione giornalistica dell’istituto.
In Consiglio è aperto il dibattito sulla opportunità di una più puntuale definizione delle cause di incompatibilità e, in particolare, di quella di cui alla lettera i) dell’art.8, 1° comma del D.Lgs. 545/92, (consulenza tributaria), che verrà portato al tavolo tecnico “incompatibilità”.
Vi è infatti, nella norma, una imprecisa latitudine terminologica e sfugge l’esatta tipologia delle specifiche attività da considerare incompatibili tra le numerosissime e varie di competenza delle categorie professionali in particolare dei dottori commercialisti e degli avvocati.
Vi è inoltre una indefinita latitudine geografica e non si comprende l’estensione territoriale del divieto, che si pone in contraddizione, almeno apparente, con l’obbligo per il giudice tributario di risiedere nella regione. I dubbi interpretativi o di opportunità richiedono un intervento legislativo, che il Consiglio ha evidenziato nella sua ultima Relazione annuale al Ministro.
Auspichiamo comunque un intervento legislativo che definisca chiaramente il concetto di consulenza tributaria e provveda o ad una territorializzazione della causa di incompatibilità o, in alternativa, quantomeno a rimuovere l’obbligo di residenza.
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La Commissione “Rapporti con il Parlamento e con la Stampa”, di nuova istituzione, incrocia tutti i temi del dibattito aperto sulla giustizia tributaria. Sono temi non nuovi, rilanciati puntualmente ogni anno ad ogni inaugurazione.
La soluzione di nessuno di questi temi può essere confinata all’interno delle competenze del Consiglio di Presidenza, in quanto incrocia quelle di altre istituzioni dello Stato, di Parlamento e Governo in particolare, e richiede un consenso sociale da parte della opinione pubblica.
Occorre quindi promuovere un ampio dibattito sulla riforma della giustizia tributaria aperto a tutti i soggetti che si interessano di essa, non costituendo tale tema materia riservata esclusivamente ai giudici tributari, né tanto meno alla burocrazia ministeriale.
Queste considerazioni sono a base dell’istituzione della Commissione e delle seguenti iniziative, riprese dai media anche se in misura ancora inadeguata in quanto limitata alla stampa specializzata e a testate locali. Mi riferisco:
– alla partecipazione al 1° e al 2° Salone della Giustizia di Rimini, che nelle due sessioni dell’edizione 2010 ha visto il confronto, sotto il profilo nazionale, con gli organi di autogoverno delle altre magistrature tra l’organizzazione della giustizia tributaria con quella ordinaria e con quella amministrativa e contabile e, sotto il profilo europeo, con giudici comunitari tra i diversi modelli di organizzazione dei sistemi di giustizia tributaria e le conseguenze delle diverse scelte organizzative adottate;
– agli incontri, avviati a fine 2009, con le più alte autorità dello Stato, alle quali sono stati presentati i temi sul tappeto, ottenendo una concreta attenzione e raccogliendo la disponibilità al trasferimento in sede tecnica dei temi trattati, per istruire i necessari interventi anche di tipo legislativo;
– alla celebrazione, a conclusione delle inaugurazioni regionali dell’anno giudiziario, della Giornata Nazionale della Giustizia Tributaria che si svolgerà anche quest’anno, in forma solenne e alla presenza delle massime Autorità dello Stato, presso l’Aula Magna della Corte di Cassazione per rendicontare l’attività istituzionale del Consiglio, per trattare gli aspetti più significativi dello stato e delle prospettive della Giustizia Tributaria, e per esporre ciò che si rende ancora necessario per la piena attuazione della autonomia, terzietà e indipendenza e della dignità stessa della giurisdizione tributaria.
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Sulla Commissione “Informatizzazione del processo tributario”, anch’essa di nuova istituzione, e sul relativo progetto, mi limito a osservare come a nessuno possano sfuggire le potenzialità dell’innovazione, che prepara un futuro di efficienza -per contrazione dei tempi e dei costi- impensabile fino a ieri. Trasferire in rete la presentazione degli atti processuali, la consultazione dei fascicoli di parte, la stesura delle decisioni e il deposito e la pubblicazione delle stesse, per citare solo alcune delle applicazioni in cantiere, significa aprire una nuova fase, probabilmente una nuova era.
Il progetto -già delineato nella precedente consiliatura- è ripartito con una nuova release di programma sulla base del Protocollo d’Intesa firmato a fine 2009 tra Consiglio di Presidenza e Dipartimento delle Finanze, con la partecipazione dell’Agenzia delle Entrate, del Consiglio Nazionale dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili, del Consiglio Nazionale Forense e dal Consiglio degli Avvocati Tributaristi. La fase sperimentale è via di definizione sulla CTP e sulla CTR di Roma e i lavori del tavolo ristretto sulla Normativa che regolerà l’entrata a regime del processo telematico sono a buon punto. La vera e propria fase attuativa avverrà inizialmente, sperabilmente entro fine anno, su alcune regioni-pilota per poi diffondersi in tutta Italia.
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Brevi cenni, infine sulle altre Commissioni.
La Commissione “Assenze”, ha varato una nuova risoluzione (la n. 4/10) e introdotto i nuovi modelli unici per la richiesta delle assenze e per le relative autorizzazioni.
Con tale risoluzione si è cercato di rendere la materia più agile e veloce, delegandola nei casi più semplici e ricorrenti ai Presidenti di sezione, e di tutelare i documentati casi di assenza dovuti a malattie particolarmente gravi, prevedendo la possibilità di autorizzare le relative assenze sino a gg. 660 nell’arco di sei anni.
In materia di disciplina, il Consiglio -valutato il particolare impegno che ha caratterizzato in corso d’anno l’attività istruttoria della competente Commissione “Disciplina”, in relazione ai noti episodi patologici nell’amministrazione della giustizia verificatisi nel 2010- ha avviato, oltre a ispezioni “mirate”, un programma di ispezioni che interesserà tutte le strutture territoriali ed ha deliberato l’istituzione di un apposito servizio ispettivo.
Va, infine, ricordato il paziente, intenso e professionale apporto fornito, in silenzio, al Consiglio e a tutto il sistema della giustizia tributaria dalle Commissioni “Contenzioso”, “Compensi”, Amministrazione e Contabilità” e “Archivio”.
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Tratto a chiusura la situazione attuale e le prospettive dello status economico e giuridico del giudice tributario e l’azione che impegna l’organo di autogoverno in ordine alla tutela dell’indipendenza e della terzietà del giudice tributario e relativamente alla difesa da interferenze esterne, da qualsiasi parte esse provengano.
Sono temi rientranti, entrambi, nella relazione tra attività giudiziaria e attività di governo e sono temi, entrambi, ad alta sensibilità. Più che una connessione è un vero e proprio intreccio nel quale, per far chiarezza non risulta banale riferirsi ai principi costituzionali a base del nostro ordinamento e alle attribuzioni istituzionali dell’organo di autogoverno.
Tali principi e tali attribuzioni il Consiglio di presidenza è stato costretto a richiamare ad apertura del primo dei cinque tavoli tecnici -quello sui “compensi”, al quale partecipo- istituiti tra Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria, Ministero e Associazione Magistrati tributari.
Il documento “politico” del CPGT consegnato al tavolo -unitamente alla piattaforma rivendicativa predisposta da AMT- parte da lontano.
Si è reso necessario -per qualificare il tenore del parere che il CPGT è chiamato a rendere in tema di trattamento economico nell’ambito delle attribuzioni di cui all’art.24, lett. m) del Decreto Legislativo n.545/92-richiamare la natura di organi giurisdizionali speciali delle commissioni tributarie, riconosciuta dal Giudice delle leggi, e le previsioni di cui al Titolo IV della Costituzione e, in particolare, la riserva di legge prevista a garanzia dell’indipendenza, autonomia e terzietà di ogni magistratura.
Si è, poi, dovuto evidenziare come il processo legislativo di realizzazione dei principi costituzionali è, anche relativamente al trattamento economico, incompleto. Il legislatore si è infatti limitato a prevedere una articolazione dello stesso in una parte fissa e in una parte variabile, divenuta oggi preponderante (oltre il 60% del totale), pur se del tutto estranea alle altre magistrature, con l’evidente intento di inserire un elemento di produttività nell’attività delle Commissioni, ed ha quindi demandato la concreta determinazione delle stesse alla decretazione ministeriale. Del Ministero, peraltro, titolare degli interessi costituiti dalla riscossione dei tributi, degli stessi interessi, cioè, di una sola delle due parti del processo.
Si è quindi chiesto -in attesa di un ripensamento complessivo sulla struttura del trattamento economico e sulla riconduzione al legislatore della materia- un forte segnale di riequilibrio a vantaggio della parte fissa, con la determinazione di un trattamento complessivo meno divaricato, all’esterno, con le altre magistrature e più rispettoso, all’interno, delle differenti funzioni svolte dai singoli componenti e con gli apporti, in termini di qualità e di quantità, resi da ciascun giudice tributario.
Il Consiglio di Presidenza ha, quindi, predisposto un Progetto Finanziario di modulazione dei compensi, che inverte l’attuale rapporto fisso/variabile, che gradua il contributo quali-quantitativo reso e che premia specificamente, quanto alla produttività l’estensore della decisione. Tale Progetto sviluppa, fin nei dettagli, l’ipotesi, da tempo ventilata, della introduzione anche nel processo tributario, al di sopra di una soglia esente, del Contributo unificato, crescente con il crescere del valore della controversia. Tale introduzione renderebbe possibile l’accoglimento degli aumenti richiesti, pari ad un sostanziale raddoppio dello stanziamento annuo, non solo a costo zero ma con un sostanzioso risparmio del Ministero nella gestione complessiva del comparto.
Nessuno è, credo, in grado di prevedere la soluzione che verrà adottata in concreto -in questa non felice situazione congiunturale e politica- ma la centralità, nel cammino verso una reale dignità della funzione, dello status economico, unitamente a quello giuridico, del giudice tributario sono certo che non sfugga ad alcuno.
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Al CPGT sono demandate tutte le funzioni di amministrazione della giurisdizione per quanto concerne non soltanto lo status dei Magistrati tributari, ma anche i criteri di organizzazione dello svolgimento del lavoro giudiziario.
L’indipendenza va tutelata, infatti, non solo nel momento della decisione, ma anche nell’organizzazione dei servizi di supporto all’esercizio della giurisdizione.
Riceverete a giorni una Risoluzione che fa luce sulla annosa questione della c.d. “doppia dirigenza” e disciplina le competenze e i rapporti, interni ed esterni, dei e tra il Presidente di Commissione e il Dirigente amministrativo della Commissione stessa.
L’invito è a darvi piena attuazione, perché l’indipendenza e la terzietà non solo devono far parte del DNA del giudice tributario, ma devono anche essere chiaramente visibili all’esterno, devono poter essere percepiti da chiunque per rendere concreto il principio di affidamento.
La richiesta di modifica della denominazione delle Commissioni in Tribunali così come la riferibilità funzionale alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in luogo del Ministero dell’Economia e delle Finanze passano da un auspicabile intervento del legislatore.
Ma, frattanto, sono realizzabili piccole-grandi cose, quali le insegne, all’esterno e all’interno dei locali di udienza e di quelli aperti al pubblico e l’intestazione di tutta la corrispondenza, che devono, rigorosamente, riportare la chiara dicitura “Commissione Tributaria” e non già quella del Ministero o di sue articolazioni, per quanto attinenti alla giustizia tributaria possano apparire.
Cito un solo episodio, scelto tra i tanti possibili in ragione della sua attualità e non del suo rilievo. Il 4 febbraio scorso è stata trasmessa ai Presidenti di Commissione una lettera della Direzione della Giustizia Tributaria, ad oggetto “Aiuti di Stato”, che sono sicuro, avrete tenuto in particolare evidenza.
In breve. La lettera evidenzia una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea (la C-304/09 del 22.12.2010) che ha stigmatizzato sia la mancata adozione da parte della Repubblica Italiana -nei termini stabiliti da una precedente decisione della Commissione Europea (la 2006/261 CE del 16.3.2005)- dei provvedimenti necessari al fine di sopprimere il regime di aiuti di Stato in materia di quotazione in Borsa di nuove società sia il mancato recupero effettivo nei confronti dei beneficiari di tali aiuti. La lettera inoltre evidenzia, genericamente, come l’Agenzia delle entrate avrebbe si provveduto a notificare ai contribuenti ingiunzione di pagamento per gli importi dovuti, ma che in un caso tale ingiunzione e il relativo procedimento di appello sarebbero stati sospesi con ordinanza. Riportando il giudizio della Corte di Giustizia di manifesta inosservanza, nelle decisioni di sospensione, dei requisiti del diritto dell’Unione in materia prega i destinatari “per quanto di competenza, di dare massima diffusione alla sentenza della Corte di Giustizia al personale giudicante”.
La lettera è, di per sé, ineccepibile se non, addirittura, utile in relazione al non sempre agevole accesso da parte del giudice tributario, alle fonti comunitarie. Veicola infatti, tempestivamente, un dato di conoscenza di estremo rilievo.
Il giudice tributario è infatti giudice europeo. I principi di effettività e non di discriminazione contenuti nel trattato CEE, impongono il controllo di compatibilità della norma nazionale con la disposizione comunitaria giungendo al dovere di disapplicare la prima ove si presenti incompatibile.
La lettera, tuttavia e nel contempo, è non tanto inopportuna quanto radicalmente irricevibile sia se la si intende riferire all’unico caso citato sia, in genere, ove sottintenda una introduzione nei processi in corso esente dalle regole procedurali poste a garanzia del contraddittorio.
Il non facile ruolo “di confine” tra governo e magistratura, assegnato alla Direzione della Giustizia Tributaria a supporto del servizio giustizia, avrebbe trovato più efficace ed efficiente interpretazione più che in un intervento sporadico nella dotazione stabile di un sistema informativo per l’agevole accesso da parte dei giudici tributari alle fonti comunitarie, a tutte le fonti comunitarie, a prescindere dall’influenza sugli interessi in gioco di questa o di quella parte processuale.
Come abbiamo visto, la rigorosa normativa in materia di incompatibilità assicura, indipendenza e terzietà a tutela del principio di affidamento. Specularmente, tale indipendenza deve essere assicurata anche rispetto al Ministero dell’Economia e Finanze, che, se formalmente non è più parte nel processo tributario, è sostanzialmente titolare degli interessi costituiti dalla riscossione dei tributi.
Concludo con la speranza di aver rappresentato come questo Consiglio sia impegnato – con le altre istituzioni dello Stato, talora in stretto raccordo e qualche volta con un diretto e aperto confronto- a realizzare appieno l’elementare principio di civiltà giuridica della qualità della giurisdizione, della nostra giurisdizione, in tutti i suoi aspetti e a dimostrare come la giustizia tributaria non sia “figlia di un dio minore”.
Un ultimo grazie per la vostra pazienza. Ho terminato.
Dott. Antonio Orlando