Dal volume “I segreti della Sistina” di Roy Doliner e Benjamin Blech

a cura del Dr. Prof. Gen. Salvatore Santo Gallo

Nel Rinascimento, gli artisti erano ostacolati e limitati da un gran numero di divieti. Tra questi, il più seccante era forse quello che impediva di firmare le opere. D’altra parte, il patrono che commissionava l’opera faceva spesso in modo che il suo nome, la sua immagine o il suo stemma gentili­zio fossero riprodotti e messi in risalto. Per questo tanti ar­tisti cercavano di inserire in qualche modo il proprio vol­to nelle opere. A volte, come nel caso di Botticelli e Raf­faello, l’espediente è evidente anche perché gli stessi me­cenati erano d’accordo. Altre volte è assai meno palese. Michelangelo introdusse il suo volto nelle sue opere in di­verse occasioni, ora in modo scoperto ora furtivamente e come per protesta.

Raffaello, pur avendo diritto a raffigurare chiaramente il suo volto e collocarlo in primo piano in molte delle sue opere più famose, non fu mai autorizzato a firmarle. Per questo, nel completare il più noto dei suoi capolavori, il grande affresco della Scuola di Atene (un opera con un ta­le numero di messaggi in codice da dedicare al tema interi volumi) aggiunse un particolare: davanti, in basso a destra, il sommo Euclide chinato su una piccola lavagna illustra agli allievi un teorema di geometria; sul retro del suo col­letto dai ricami dorati si può scoprire, osservando attenta­mente, una sigla di quattro lettere: R.U.S.M., ovvero «Raphael Urbinas Sua Manu» («Raffaello da Urbino di sua mano»).

Un’altra forte limitazione imposta agli artisti del Rinasci­mento era la proibizione di sezionare cadaveri. Gli studio­si desideravano esaminare i corpi dei criminali giustiziati, sia per incrementare la loro conoscenza dell’anatomia umana sia per il desiderio di recuperare l’antico sapere medico dell’antichità. Quanto agli artisti, anch’essi nutri­vano il desiderio di conoscere il più possibile la struttura interna del corpo umano, soprattutto per avvicinarsi alla maestria degli artisti greci e romani nel rappresentare la fi­gura umana. La Chiesa, però, proibiva le dissezioni, consi­derando il corpo umano un mistero divino. Inoltre guar­dava ancora con sospetto le perfette rappresentazioni di fi­gure umane e mitologiche temendo che potessero condur­re a una specie di ricaduta spirituale nell’idolatria pagana. Per questo le raffigurazioni medioevali di figure umane appaiono così piatte e innaturali rispetto a quelle dell’arte classica e rinascimentale. Il solo luogo dell’Italia medioevale e rinascimentale in cui erano consentite occasionali dissezioni a scopo scientifico era l’università di Bologna.

(Raffaello Sanzio, La Scuola di Atene, 1508 – 1511, Roma, Palazzi Vaticani, Stanza della Segnatura.)