SEZIONI UNITE DELLA COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE
UDIENZA 27.5.1999
SENTENZA N. 3976
PRESIDENTE: LONGO FILIPPO
RELATORE: RUOPPOLO GIOVANNI
ESECUZIONE DECENNALE DA OGNI TRIBUTO SUL REDDITO : ART. 8 L. 22.7.1996 N. 614. NON SPETTA AI PRODUTTORI DI SERVIZI (AUTOTRASPORTATORI).
MOTIVI DELLA DECISIONE
La controversia, propone, essendo certa la competenza di questa Commissione Tributaria Centrale (v. Cass. Sez. I, 25 giugno 1990, n. 6411), un’ unica questione di diritto relativa al se competono alle imprese artigiane produttrici di servizi, nelle quali pacificatamene si inquadra l’Impresa del Sig. ……, i benefici fiscali recati dall’art. 8 della L. 22 luglio 1966, n. 614, intesa ad interventi straordinari a favore dei territori depressi dell’Italia settentrionale e centrale.
Questa norma, sostituendo l’art. 8 della precedente L. 29 luglio 1957, n. 636, (secondo cui “…le nuove imprese artigiane e le nuove piccole industrie… sono esenti, per dieci anni dalla data di inizio della loro attività… da ogni tributo diretto sul reddito”), testualmente dispone la medesima esenzione a favore delle “nuove imprese artigiane e le nuove piccole e medie imprese industriali aventi per oggetto produzioni di beni…”, con espressione non modificata in sede di reiterazione (v. art. 30, comma primo, DPR 29 settembre 1973, n. 601 e successive integrazioni).
In corso di applicazione della norma, ed anche nel caso di specie, il suo ultimo inciso ha dato inizialmente occasione a contrastanti interpretazioni e, come rileva l’ordinanza di rimessione, si è da una parte ritenuto di riferire l’espressione “aventi per oggetto la produzione di beni” così alle imprese artigiane come alle piccole e medie imprese industriali (v. Comm. Trib; Centr. Sez. II, 26 settembre 1977, n. 11018; Sez. XX, 13 marzo 1978, n. 5205; Sez. VIII, 27 settembre 1979, n. 9698; Sez. XX, 15 maggio 1980, n. 5444; Sez. V, 1 agosto 1981, n. 7110; Sez. II, 17 novembre 1981, n. 9928; Sez. IX, 22 aprile 1983, n. 444, proprio in tema di servizio di trasporto per conto terzi, ed altre) e, d’altra parte, di escludere che per le imprese artigiane rilevasse la natura dell’attività spettando ad esse l’esenzione sia che producessero beni sia che fornissero servizi (v. Comm. Trib. Centr, Sez. XIX, 10 dicembre 1975, n. 15830; Sez. III, 17 dicembre 1977, n. 16384; Sez. V, 25 novembre 1980, n. 12262; Sez. X, 11 marzo 1981, n. 2292; Sez. XV, 14 ottobre 1983, n. 2907; Sez. XI, 18 aprile 1984, n. 3981, in tema di servizio di trasporto).
Questa seconda opinione, che tal volta ha tratto argomento anche dalla ellittica espressione dell’art. 3, comma ultimo, del D.M. 9 novembre 1966 (G.U. 19 novembre 1966, n. 291), non ha, per altro, avuto ulteriore seguito dopo che la Corte Costituzionale, da più parti adita, ha avuto modo, prima, di dichiarare la inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 in argomento, in relazione agli artt. 3 e 53 Cost. (Ord. 22 ottobre 1987, n. 319) e, quindi, di confermare il proprio orientamento con specifico riguardo alla esclusione delle imprese produttrici di servizi dalla esenzione (Ord. 14 luglio 1990, n. 336).
Osservava, in particolare, la Corte la concreta diseguaglianza delle situazioni comparate e la piena ammissibilità, a livello costituzionale, della discrezionalità legislativa nell’ambito della quale, per favorire il miglior sviluppo delle aree depresse oggetto del provvedimento, si era preferito incentivare, piuttosto che tutte le imprese, solo quelle che, produttrici di beni, si erano ritenute più idonee ad assicurare l’incremento della occupazione attraverso l’installazione di impianti fissi e, più in generale, una più diretta attitudine al potenziamento del mercato.
L’osservazione, riferita così alle imprese artigiane come a quelle industriali, rafforzava la tesi della esclusione dal beneficio delle imprese artigiane produttrici di servizi, tesi che, per altro, trovava così nella espressione letterale dell’art. 8 e dell’art. 3 comma 1 del citato D.M. 9 novembre 1966, come nella sua trasparente ragione socio-economica (v. anche, art. 1 della legge) elementi di prevalenza posti in chiaro non solo dalle citate pronunce della Commissione Tributaria Centrale ma, senza eccezioni, nella giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Quest’ultima, invero, argomentando dalla espressione sintattica della norma, come dalle esigenze di localizzazione dell’attività avvertite dal legislatore, ha costantemente riferito anche alle imprese artigiane il discusso inciso dell’art. 8, affermando il diritto dell’esenzione solo nei confronti di quelle che, esercitando un’attività produttiva a carattere diretto, possono considerarsi produttrici di beni (v. Cass., Sez. I, 25 luglio 1978, n. 3715; Sez. I, 17 febbraio 1981, n. 958; Sez. I, 3 dicembre 1987, n. 8973 e 24 maggio 1988 n. 3608, in tema di autotrasporto per conto terzi; Sez. I, 7 settembre 1990, n. 9239; Sez. I, 20 marzo 1991, n. 3001).
In molte delle cennate pronuncie, così della Commissione Tributaria Centrale come della Corte di Cassazione, si rileva peraltro che, avuto riguardo alla struttura della norma ed alla sua ratio, non è dato evincere alcun motivo per discriminare le imprese artigiane produttrici di servizi dalle altre cui è del pari negata la esenzione.
Tale conclusione, ormai costantemente ribadita e dalla Commissione Tributaria Centrale (v. Sez. XXV, 14 ottobre 1992, n. 5564; Sez. XIV, 16 dicembre 1993, n. 3548; Sez. XI, 16 gennaio 1995 n. 152; Sez. XV, 11 luglio 1996, n. 3644; Sez. XI, 18 dicembre 1996, n. 6358) e dallla Corte di Cassazione (v. Sez. I, 13 gennaio 1996, n. 239; Sez. I, 28 maggio 1997, n. 4726), non è oggi revocata in dubbio da alcuna pronuncia né la specie suggerisce motivo alcuno di riesame.
Deve, invece, rilevarsi come permangono, in sede di applicazione, difficoltà in ordine alla concreta distinzione delle imprese produttrici di beni dalle imprese produttrici di servizi che, espandendosi a ritmo in questi ultimi tempi, molto accelerato, vanno assumendo connotazioni complesse che, nelle aree di confine, le assimilano in vario modo alle prime.
La casistica è ormai estremamente ricca e, mentre non è qui il caso di proporla, non sempre dimostra coerenza con i criteri desumibili dall’intero contesto della legge del 1966 che, come si è ripetuto, mira ad incentivare realtà imprenditoriali che abbiano un carattere produttivo diretto, siano strutturalmente ancorate ad aree determinate del Paese, siano idonee, pur quando di piccole dimensioni o di natura artigianale (v. L. 25 luglio 1956 n. 860, richiamata, in materia fiscale dalla L. 12 marzo 1968 n. 428), a sostenere il tipo di sviluppo economico sotteso dal legislatore.
A tali criteri sembrano ispirarsi così quelle pronunce che precisano che il concetto di “produzione dei beni” comprende anche le attività che, pur non trasformando il bene originario, assicurano allo stesso, integrandolo nella sua funzionalità, una maggiore utilità (v. Sez. XXV, 14 ottobre 1992, n. 5564; Sez. XIV, 16 dicembre 1993, n. 3548; Sez. XI, 16 gennaio 1995, n. 152) come quelle pronunce che, per altro in analogo ordine di idee, si riferiscono, “nell’ambito di processi di parcellizzazione del lavoro”, al caso di produzione parziale di beni (v. Sez. IV, 24 novembre 1993, n. 3298) ovvero al caso di attività di produzione di beni prevalente rispetto a contemporanea attività di produzione di servizi (v. Cass., Sez. I, 20 maggio 1991, n. 3001).
Più in generale, invece è il caso di rammentare la ripetuta affermazione secondo cui le disposizioni fiscali, siccome volte a derogare ai principi relativi alla disciplina degli obblighi tributari, assumono natura di norme eccezionali e come tali non consentono elasticità di applicazione (v. Cons. Stato, Sez. III, 28 maggio 1996, n. 741) nonché il rilievo secondo cui la “prova sulla natura dell’attività”, o, più precisamente, sui fatti sintomatici della natura dell’attività, “spetta al contribuente che invoca l’esenzione, vertendosi in tema di eccezione rispetto alla normale tassabilità del reddito d’impresa” (v. Cass., Sez I, 2 febbraio 1990, n. 736).
E’ costante, per quanto riguarda la specie, la inclusione delle imprese di autotrasporto per conto terzi tra le imprese esercenti attività di servizio (v. pronuncie sopra citate), delle quali sono, per vero, considerate archetipo così che, anche per il concorso, a loro proposito, dei caratteri fin qui ricordati, deve escludersi che il Sig. ….. potesse ottenere la richiesta esenzione decennale.
Ne deriva che, in accoglimento del ricorso dell’Ufficio, la decisione impugnata dev’essere annullata.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso dell’Ufficio ed annulla la impugnata decisione.