Gentili Signore e Signori,
un cordiale saluto ed un sentito ringraziamento, per la loro presenza, alle autorità religiose, civili e militari, ai rappresentanti della magistratura, degli ordini professionali, di enti pubblici e privati, ai professionisti, ai colleghi giudici tributari ed a tutti gli intervenuti.
Questa è una cerimonia all’insegna della precarietà:
- Precarietà, per la veste di chi vi parla, essendomi stato attribuito, circa due mesi fa, questo incarico di facente funzioni.
- Precarietà, per la situazione economica del Paese, di cui la materia tributaria è una parte assolutamente rilevante e significativa, nel bene e nel male.
- Precarietà, per la situazione in cui versa il contenzioso tributario nel distretto della Lombardia; situazione che riguarda direttamente questa sede e che vado brevemente ad illustrare.
L’andamento complessivo del contenzioso tributario in Lombardia, per il periodo 1/7/2011-30/6/2012 che qui interessa, risulta esaurientemente illustrato, sul piano dei numeri, dalle rilevazioni statistiche e dalle rappresentazioni grafiche elaborate e riportate nella relazione, allegata alla presente, del Dirigente Capo dell’Ufficio di Segreteria della Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia, dott. Salvatore Labruna, che ringrazio per la sua validissima collaborazione.
Mi limiterò, quindi, ad alcune considerazioni su due aspetti, che sono significativi al fine di valutare il risultato di qualsiasi attività organizzata: le forze di produzione ed il prodotto; vale a dire, nello specifico, gli organici e l’andamento dei procedimenti: sopravvenuti, definiti e pendenti.
Per quanto riguarda le Commissioni Provinciali, nella relazione dell’anno precedente si evidenziavano le gravi carenze di organico che affliggevano le Commissioni, dovute sia alla cessazione dall’attività, a vario titolo, di numerosi giudici, sia alla revisione delle piante organiche attuata con il Decreto Ministeriale 11/4/2008.
Si può, in proposito, segnalare che è di questi giorni la presa di possesso dell’incarico da parte dei giudici tributari nominati dal Consiglio di Presidenza con il bando di concorso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 16 agosto 2011; risultano, pertanto, superate le carenze di organico sopra evidenziate.
Altra cosa è, peraltro, la valutazione della congruità o meno delle piante organiche determinate dal suddetto Decreto Ministeriale, il che potrà avvenire solo nel tempo.
Sul piano della produttività, vi è da rilevare che il numero dei ricorsi pendenti è generalmente diminuito fatta eccezione per la Commissione Provinciale di Milano, che presenta un incremento delle pendenze da ricollegare alle gravi carenze di organico di quella Commissione, più volte segnalate dal suo Presidente.
La contrazione delle pendenze è comunque da porre in relazione con una generale riduzione del numero dei ricorsi pervenuti presso le varie Commissioni, come risulta dai dati statistici allegati.
Tale riduzione è certamente conseguenza dell’introduzione della definizione agevolata delle liti fiscali inferiori ai 20.000 euro, nonché del reclamo obbligatorio per le controversie del medesimo importo.
Mi riguarda più da vicino la situazione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, situazione che non è solo precaria, ma bensì drammatica, come può facilmente ricavarsi da questi semplici dati.
La Commissione era composta, inizialmente, da 68 sezioni. 11 Decreto Ministeriale 11 aprile 2008 ha indicato – sulla base delle rilevazioni statistiche del flusso medio dei processi relativi gli anni 2006 e 2007 – il numero delle sezioni in 25, con un organico di 150 componenti.
Solo un rilievo sulla congruità del numero delle sezioni (25) che è stato individuato sulla base di un flusso medio di processi relativo ad anni non significativi per fattori contingenti, quali condoni o definizioni agevolate; tanto è vero che negli anni successivi a quelli utilizzati per la rilevazione, il flusso è sensibilmente aumentato, rendendo probabilmente inadeguato il numero sopra indicato.
Ma è la situazione di fatto che va, sia pur brevemente, esaminata. Le sezioni attualmente operative sono 38, di cui 5 presso la sede staccata di Brescia.
Non si è, pertanto, ancora realizzato, nonostante siano passati cinque anni, quanto previsto dal citato Decreto Ministeriale; e questo perché la soppressione delle sezioni in esubero avviene gradualmente, mano a mano che i presidenti di sezione cessano la loro attività per limiti di età, dimissioni o altro.
Con il ritmo attuale di cessazione dall’incarico dei presidenti di sezione, si può fondatamente prevedere che l’adeguamento del numero delle sezioni a quello previsto dal Decreto si realizzerà non prima di alcuni anni, almeno quattro o cinque. Nel frattempo il numero dei componenti delle sezioni si è ridotto, e si ridurrà, a ritmi molto più elevati.
Si può, ad esempio, calcolare – con riferimento, in particolare, al raggiungimento del limite di età – che nei prossimi due anni cesseranno dal loro incarico 2 presidenti di sezione, con la possibilità di sopprimere altrettante sezioni, ma anche 22 componenti che non potranno essere sostituiti, come non sono stati sostituiti coloro che hanno cessato l’attività negli anni scorsi.
Ciò è dipeso dal fatto che la Commissione Regionale della Lombardia è rimasta esclusa dal bando di concorso di cui ho detto, risultando – sia il numero delle sezioni che il numero dei componenti dell’organico all’epoca del bando – superiori a quanto previsto dal citato Decreto.
Si è, di conseguenza, creata una situazione non facilmente gestibile: un numero di sezioni che viene mantenuto in vita unicamente per la presenza di presidenti di sezione in esubero e sezioni che possono contare su di un numero di componenti assolutamente insufficiente: attualmente addirittura inferiore all’organico previsto per 25 sezioni mentre ne sono in funzione 38.
In particolare, al 31 gennaio 2013 i componenti della Commissione Regionale sono 143, a fronte dei 150 previsti dal Decreto 11 aprile 2008.
Fino ad ora, si è sopperito a queste carenze con l’applicazione di 20 giudici delle Commissioni Provinciali ricorrendo ad una procedura, anche essa precaria per modalità e tempi di attuazione, ma che comunque ha consentito e consentirà alla Commissione di essere operativa.
L’unica soluzione in grado di dare una qualche stabilità alla situazione potrebbe venire dall’utilizzo del modello organizzativo dell’ordinamento giudiziario con riferimento alla composizione delle sezioni della Corte d’Appello: vale a dire assegnando due presidenti a ciascuna sezione, con una distribuzione di compiti correlata all’anzianità, sia di incarico che di età.
Non credo che vi siano controindicazioni a tale soluzione sia sotto l’aspetto normativo che di tipo logistico-economico, salvo l’insorgere di sindromi da “capitis deminutio”.
Queste possibili controindicazioni non possono, però, essere di ostacolo ad una soluzione che impedirebbe la paralisi della Commissione: cosa che sicuramente si verificherà proseguendo su questa strada.
Solo un accenno, infine, alla situazione della Sezione della Commissione Tributaria Centrale presso la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.
E stata, di recente, completata la distribuzione dei fascicoli ai sedici collegi che la compongono.
Tenuto conto del numero medio delle pendenze presso ciascun collegio, è senz’altro ragionevole prevedere che entro quest’anno si concluderà il lavoro di smaltimento di questi processi, alcuni dei quali possono essere definiti, senza tema di smentita, come reperti di archeologia fiscale.
Tornando alla Commissione Regionale, essa, nelle condizioni attuali, non è in grado di reggere l’impatto sul contenzioso tributario delle più recenti novità legislative e giurisprudenziali, ad alcune delle quali accennerò molto brevemente.
L’unico impatto di segno positivo, nel senso di un effetto deflattivo, è da ricollegarsi alla definizione agevolata delle liti fiscali inferiori ai 20.000 euro (c.d. mini condono), di cui ho già parlato; anche se tale effetto deflattivo è, in parte, vanificato dal contenzioso che si sta verificando in conseguenza dei dinieghi alla definizione.
E di stretta attualità l’introduzione del c.d. redditometro, che sicuramente determinerà un notevole contenzioso, come del resto è avvenuto per altri strumenti di accertamento del tutto simili a questo, quali i parametri o gli studi di settore.
Altra novità di indubbio rilievo riguarda l’applicazione al contenzioso tributario del contributo unificato, avvenuta con la legge 6/7/2011 n. 98.
Occorre considerare, in proposito, che la gestione dell’accertamento e della riscossione di questa tassa è affidato alle segreterie delle Commissioni Tributarie; con quale aggravio, quantitativo e, soprattutto, qualitativo di lavoro è facilmente immaginabile.
In particolare, proprio sotto il profilo qualitativo, vi è da dire che la formulazione poco chiara di alcune norme, con i problemi interpretativi che ne conseguono nonché le indicazioni che provengono dall’Amministrazione Finanziaria, spesso orientate ad incrementare il gettito fiscale, rendono difficoltosa tale attività di accertamento e riscossione e contribuiranno sicuramente ad aumentare il contenzioso tributario, speriamo non in misura insostenibile.
Le problematiche interpretative più significative riguardano:
- la omessa indicazione del valore della lite, che comporta l’applicazione del contributo nella misura massima;
- il corretto calcolo del valore della lite; ad esempio, nel caso in cui una impugnazione riguardi esclusivamente le spese del giudizio, che non sono comprese nel computo ai fini della individuazione del valore della lite, ci si domanda se si debba applicare la misura minima del contributo, prevista per un valore pari a zero, ovvero si debba fare riferimento al normale petitum processuale;
- l’individuazione, ad opera delle parti, della corretta qualificazione della natura dell’atto processuale che si produce.
Queste sono soltanto alcune delle questioni che sicuramente verranno sottoposte all’esame della giustizia tributaria.
Una novità giurisprudenziale che, invece, sta già impegnando in modo sempre più consistente le Commissioni Regionali è quella riguardante l’applicazione della sospensione cautelare nei giudizi d’impugnazione.
Le istanze di sospensione sono passate dalle 67 presentate nel 2011 alle 272 del 2012.
Nel primo mese del 2013 siamo già ad oltre 40 istanze depositate.
Quale è la novità giurisprudenziale di cui sto parlando?
E noto che la Corte Costituzionale, con alcune sentenze, fra cui la n. 109 del 2012, ha proposto una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 49 del D. Lgs. 546/92 (norme sul contenzioso tributario), secondo cui tale articolo non è di ostacolo all’applicazione diretta, nel processo tributario, degli artt. 283 e 373 del C.P.C., che riguardano rispettivamente la sospensione dell’esecuzione delle sentenze di primo e di secondo grado.
Consentitemi, però, una breve riflessione, in controtendenza rispetto al generale orientamento degli operatori del contenzioso tributario, che sottopongo alla Loro sensibilità giuridica.
Si sostiene che l’art. 49 non è di ostacolo all’applicazione degli artt. 283 e 373 C.P.C. nel processo tributario; ma il vero ostacolo alla loro applicazione viene dagli artt. 1 e 68 delle norme sul contenzioso.
L’art. 1, come regola generale, consente l’applicazione delle norme del C.P.C., ad integrazione di quelle del contenzioso, solo, come recita testualmente l’articolo, “per quanto da esse non disposto e con esse compatibili”.
L’art. 68, inserito nel capo IV del titolo II del D. Lgs. 546/92, che porta il titolo “l’esecuzione delle sentenze delle commissioni tributarie” dispone, secondo la terminologia usata dall’art. 1, in ordine all’esecuzione delle sentenze sia di primo che di secondo grado.
Visto che al verbo “disporre” non può darsi se non il significato che gli è proprio, non è dato francamente di comprendere come la disciplina specifica contenuta nel decreto sul contenzioso tributario sia compatibile con le norme del C.P.C. sopra richiamate.
Ed allora, quid juris?
E evidente la necessità di un intervento della Corte Costituzionale, che dia una lettura costituzionalmente orientata anche di queste norme, se non proprio una pronuncia di incostituzionalità delle stesse.
A meno che non si voglia ricorrere, come è avvenuto per l’art. 49, oltre che ad una lettura costituzionalmente orientata di una norma, anche ad una “dimenticanza costituzionalmente orientata” delle due norme di cui sto parlando.
Quanto poi all’esigenza, evidenziata dalla Corte di Cassazione, di evitare irragionevoli discriminazioni, nella tutela cautelare, fra le sentenze tributarie e le altre, è sufficiente osservare che, seguendo tale orientamento, si finisce con il considerare non in linea con il dettato costituzionale tutte quelle sentenze della stessa Corte Costituzionale che hanno costantemente escluso l’esistenza di un principio costituzionalmente rilevante di necessaria uniformità tra il processo civile e quello tributario.
Quella che ho illustrato è una questione di sicura rilevanza per le dimensioni del contenzioso che, con riferimento a questo strumento processuale, si sta sviluppando e sempre più si svilupperà.
È auspicabile, pertanto, un intervento legislativo che chiarisca, in un senso o nell’altro, i dubbi interpretativi che ho appena evidenziato.
Altro intervento legislativo auspicabile riguarda, come ho detto, la soluzione delle problematiche interpretative riguardanti la normativa sul contributo unificato.
Mentre, su di un altro piano, sono auspicabili interventi, sia ministeriale che del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, ciascuno per quanto di propria competenza, diretti ad assicurare la funzionalità di questa Commissione Regionale.
Ed è con questi auspici, e quindi in un’ottica positiva, che dichiaro aperto l’anno giudiziario tributario 2013.
dott. Ugo DELLO RUSSO
Presidente f.f. della Commissione Tributaria Regionale
per la Lombardia