Nonostante le più che legittime eccezioni di incostituzionalità su cui aspettiamo auspicabile, positivo giudizio, l’agenzia delle Entrate continua nella sua opera di forzata mediazione sulle cause entro i 20.000 euro di valore per gli atti notificati dal 2 aprile 2012 che, come ben tutti amenamente sappiamo, costringono il cittadino contribuente a passare, prima di esperire il giudizio tributario, attraverso tale, per me illegittimo strumento. Certo, secondo quando riportato dall’AE sulla base dei risultati in tal senso conseguiti nel 2012, l’aspettativa per il 2013 è quella di una definizione dei reclami, prima del contenzioso, inferiore ad un terzo, quale rimedio per lo snellimento dei procedimenti presso le commissioni tributarie. Quanto sin qui riportato, in merito al mio personale dissenso nei confronti dell’istituto della mediazione nell’ambito tributario, trova debita giustificazione nei tre sotto riportati punti, per altro condivisi dai massimi esperti del diritto tributario italiani:
1. Violazione del principio di uguaglianza e ragionevolezza (art. 3 Cost.)
2. Violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.)
3. Violazione del diritto ad un giusto processo (art. 111 Cost.)
Non entro nel merito dei singoli punti perché ampiamente più volte dibattuti, ma mi sia altresì consentito di dettagliare il mio pensiero su quelle che, invece, dovrebbero essere le soluzioni per ridurre ed esaurire il numero dei ricorsi che tanto preoccupano il MEF e l’AE. Posto che ritengo un diritto inviolabile che il cittadino contribuente possa rivolgersi in piena libertà e autonomia ad una giustizia, quella tributaria, appositamente creata per dirimere le liti tra cittadino e fisco e posto che non posso, avendo assistito sin dall’inizio della riforma degli articoli 545 e 546, non plaudire alla positiva crescita e professionalizzazione di tale giurisdizione, ritengo assolutamente improcrastinabile che la Giustizia tributaria si liberi definitivamente dei lacci e lacciuoli imposti dall’ingombrante presenza e ingerenza di una delle parti coinvolte nel processo: il Ministero dell’Economia e Finanze. Permane infatti una anomalia tutta italiana che, ancora oggi consente, appunto al MEF, di gestire in assoluta autonomia il personale delle segreterie delle Commissioni da cui esso dipende, così come, sempre dal MEF, dipende l’erogazione dei compensi dei Giudici, alla faccia della terzietà e indipendenza. Così, invece di potenziare tale giurisdizione onde possa dirimere le succitate liti, per garantire l’ormai preminente “dovere di cassa”, si è pensato, paradosso dopo paradosso, di istituire l’istituto della mediazione tributaria che costringe il cittadino a conciliare proprio con chi ha emesso il provvedimento che ha generato la contesa fiscale: l’Agenzia delle Entrate/MEF. In conclusione, seppur con ricorrente rammarico e con crescente fatica, non smetto di credere nel mio Paese, non smetto di amarlo e di confidare in tempi migliori, dove la Giustizia sia Giusta e il Diritto perseguito con la stessa enfasi con cui, tali assurdi provvedimenti, rincorrono gli aspetti economici che li giustificano.
Cav. Franco Antonio Pinardi