Egregi colleghi (giudici tributari),
all’indomani delle elezioni per il rinnovo delle cariche associative nell’AMT, voglio comunicarvi le mie dimissioni dall’Associazione, non perché pensi che interessino a qualcuno, ma perché credo che le ragioni che le determinano possano offrire alcuni spunti di riflessione. E’ chiaro che il fattore scatenante è il risultato delle ultime elezioni che – quantunque per la prima volta non agevolmente – ha tuttavia confermato la solita vecchia leadership, notoriamente lontana dal mio ideale di “giudice tributario”. Mi riferisco ovviamente a politiche e atteggiamenti associativi, non di certo ai colleghi che le esprimono.
Avevo rinviato questo passo, confidando in un risultato elettorale diverso, che avrebbe finalmente dato all’AMT una ventata d’aria nuova. Ma così non è stato, dunque non ho altra scelta che uscire dall’associazione e cominciare magari a valutare la possibilità, da tanti proposta, di un’alternativa (se i miei impegni e l’anagrafe me lo consentiranno: quarant’anni di giudice tributario e quarantacinque di magistrato ordinario), cioè di promuovere un’altra <casa>, questa veramente <comune> (accessibile a tutti, trasparente e soprattutto… vivibile), aperta anche ai giudici tributari iscritti ad altre associazioni e ai molti colleghi (soprattutto giovani) che disdegnano questa AMT, per comprensibili ragioni. Non è, infatti, una novità che l’AMT è da tempo in “crisi di vocazioni”: gli iscritti ‘in servizio e paganti’ diminuiscono sempre più e attualmente ne fanno parte meno del 40% dei giudici tributari. Del resto, in tema di rappresentatività, è emblematica la partecipazione a queste ultime elezioni: poco più di 600 votanti, di cui molti in pensione. Se si considera che i consensi ottenuti dalla maggioranza sono circa il 60% del totale, si evince che l’attuale dirigenza associativa può contare sull’espresso consenso di forse 300 giudici tributari, su circa 4.500 (pari al 6-7% del totale).
Ma a parte queste considerazioni, comunque di non secondaria importanza ad altri fini, cosa rimprovero alla vecchia e ora, ahimé, anche futura dirigenza dell’AMT?
Innanzitutto l’assetto di monarchia assoluta (probabilmente anche ereditaria) che, per assicurarsi l’egemonia nel tempo, anche e soprattutto sul CPGT, porta avanti da sempre politiche clientelari di non elevato profilo. Per non dire delle recenti disposizioni regolamentari ad personam che consentiranno in futuro la direzione dell’associazione dei giudici tributari anche … ai pensionati!
La mia diretta non felice esperienza di componente del terzo CPGT, di certo significativa, forse potrà essere utile a qualcuno. Eletto con oltre 800 preferenze ‘personali’- perché (come Andrea Morsillo) messo fuori dalla ‘cordata’ dell’AMT – mi sono trovato fin dal primo giorno ‘nell’angolo’, in assoluta minoranza su quasi tutto (e i verbali consiliari lo documentano), essendo tutto prestabilito e ‘pattuito’ tra i futuri componenti (ovviamente sotto una superiore regìa esterna) già in sede di accordi elettorali. Dalle specifiche cariche consiliari, fino addirittura all’assegnazione dei locali/studio di ciascun consigliere. Quando, alla prima riunione del CPGT, rilevai provocatoriamente che – per procedere alla distribuzione tra noi degli incarichi interni e delle varie funzioni, occorreva innanzi tutto stabilire dei criteri oggettivi in base ai quali operare le nostre scelte – fui dai più guardato come un minus habens non avendo capito (!!) che tutto era già da tempo stabilito, per cui si dovevano solo simulare delle votazioni che avrebbero confermato gli accordi. E così è stato per buona parte della consiliatura, con un prono e fedele Consiglio di Presidenza, ostaggio della dirigenza AMT (che lo aveva scelto e fatto eleggere) e che definire etero-diretto è poca cosa. In tutte le questioni di un certo rilievo occorreva allinearsi alla superiorevoluntas esterna, all’uopo previamente sollecitata e interpellata. E guai a scantonare. Non parliamo poi dei ‘corsi di aggiornamento’ con relativi impegni di spesa (di importo spesso non irrilevante) che, nonostante vibrate e reiterate proteste da parte di qualcuno di noi, hanno sempre visto gli stessi pochi relatori (non raramente con relazioni ripetitive), nonostante la segnalazione di tante altre autorevoli disponibilità; come se, su migliaia di giudici tributari – molti dei quali anche illustri liberi professionisti, professori universitari e magistrati ordinari – non si potesse reperire nessun altro. Ma lo si sa, a parte la vetrina personale e altri eventuali interessi, i ‘corsi’ sono lo strumento per fare proseliti e per ‘promuovere’ i futuri consiglieri, già scelti dall’AMT almeno quattro anni prima delle elezioni, tra i seguaci più devoti ed affidabili, in grado quindi di garantire ossequiosamente la perpetuatio regiminis.
Potrei andare avanti per pagine e pagine sull’argomento, ma non ho tempo né voglia di tediarvi, anche perché forse rivelo cose a molti già note, che però pochi osano dire chiaramente; mi pento solo (e non l’ho fatto per i miei molteplici impegni e forse anche per pigrizia) di non aver tenuto, come mi ero inizialmente proposto, un diario su cui annotare, giorno dopo giorno, le tante pagine buie di questa consiliatura che, dicono, sia stata la peggiore in assoluto. Questo non posso affermarlo con certezza, ma di certo non l’ho vissuta come un’esaltante esperienza, benché utilissima per conoscere meglio alcuni segreti meccanismi, aldilà di qualche pregevole contatto umano che mi farà piacere conservare e coltivare.
In definitiva, la giustizia tributaria in pochi anni ha ripetuto, sotto il profilo associativo, quanto di negativo è riuscita a fare la giustizia ordinaria in molti più anni, con la conseguenza che ANM e CSM hanno finito con l’essere dei vasi comunicanti, legati a doppio filo, con tutte le deleterie ricadute correntizie e clientelari ben note ai giudici ordinari. Ritengo perciò indispensabile, per salvare la giustizia tributaria, augurandomi che ciò sia ancora possibile, che venga reciso il cordone ombelicale che da tempo lega l’AMT al CPGT per conferire finalmente al Consiglio la dignità e l’autonomia che merita. E questo certamente non può farlo, e probabilmente non ha neppure intenzione di farlo, l’attuale AMT.
In definitiva, anche per tanti altri motivi che vi risparmio, non mi sento rappresentato da questa AMT né intendo esserlo, donde le mie inevitabili e irrevocabili dimissioni.
Mi auguro che il nuovo CPGT, possa procedere sotto altre stelle (e non la solita ‘cometa’), benché molti neo-consiglieri siano notoriamente “figli del sistema”. Credo comunque, e auspico, che anche la ‘opportuna’ riserva ad un ‘non togato’ della presidenza consiliare possa dare i suoi frutti nella giusta direzione.
Perdonate la lunghezza del messaggio ma, come ha detto qualcuno più importante di me, “non ho avuto il tempo per una maggiore sintesi”.
A tutti cordiali saluti e auguri di buon lavoro.
Carlo Maria Grillo
Presidente CTP Roma