SENATO DELLA REPUBBLICA 

COMMISSIONI RIUNITE 

2^ GIUSTIZIA – 6^ (FINANZE E TESORO) 

Audizione sulla Riforma della giustizia  tributaria 

Audizione del Prof. Maurizio Leo Roma, 15 marzo 2022

  1. PREMESSA 

Signori Presidenti, Onorevoli Senatori, 

innanzitutto, consentitemi di esprimere il più vivo ringraziamento per l’opportunità che  oggi mi si offre di formulare osservazioni in relazione ad un aspetto così centrale per la  vita di molte imprese e famiglie e per tutti gli operatori del diritto tributario, quale è la  riforma della giustizia tributaria. 

Mai come in questa fase storica, infatti, i giudici tributari sono chiamati a decidere su  questioni di grande rilevanza economica, che richiedono elevata professionalità e  specializzazione nella materia tributaria. La mole di contenzioso in materia tributaria, a  tutti i livelli (nei gradi di merito come in quello di legittimità), costituisce un problema la  cui soluzione non è più procrastinabile. Ne risente anche la qualità delle sentenze delle  commissioni tributarie di merito che, purtroppo, non è elevata né da un punto di vista  sostanziale né processuale, se solo si pensa che oltre la metà delle decisioni viene ribaltata  nel giudizio di legittimità dinanzi la Suprema Corte di Cassazione. 

Bisogna considerare, poi, che i numerosi giudizi pendenti riguardano migliaia di piccole e  medie imprese il cui mantenimento in vita è in molte – troppe – occasioni, strettamente  collegato all’esito di quel giudizio. A ciò si aggiunga l’incidenza che l’efficienza del  sistema della giustizia tributaria ha sulla capacità del nostro Paese di attrarre investitori  stranieri, oltre che, ovviamente, di potenziare gli investimenti interni.  

In definitiva, un sistema di giustizia tributaria più efficiente soddisferebbe le giuste esigenze sia del contribuente che dell’ente impositore e, in generale, degli enti destinatari  del gettito tributario, tutti interessati alla sollecita e giusta definizione delle vertenze. Ciò  che oggi viene in discussione è, dunque, non solo la modifica dell’attuale sistema di  giustizia tributaria, ma anche, in parte, la tenuta del tessuto economico e sociale nazionale  nonchè la fiducia dei cittadini nel giusto utilizzo della leva fiscale.  

La centralità della riforma della giustizia tributaria è confermata del resto, anche dal Piano  Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) il quale include espressamente la riforma della  giustizia tributaria nel novero dei prioritari interventi di riforma del nostro sistema 

giudiziario ritenendo il contenzioso tributario un «settore cruciale per l’impatto che può avere  sulla fiducia degli operatori economici, anche nella prospettiva degli investimenti esteri che risente  fortemente delle criticità legate ai tempi della amministrazione della giustizia». 

Le esigenze individuate nel PNRR attengono, essenzialmente a: 

deflazione del contenzioso tributario; 

celerità dei giudizi; 

certezza delle regole attraverso una maggiore qualità delle sentenze di merito dei  giudici tributari e, in un’ottica di ristabilita parità delle armi tra gli attori in campo, consentendo un accesso generalizzato anche ai contribuenti e ai loro difensori alle  fonti giurisprudenziali. 

A tal fine, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle  finanze, ha costituito una commissione di studio chiamata a elaborare proposte di  interventi organizzativi e normativi per deflazionare e ridurre i tempi di definizione del  contenzioso tributario (cd. Commissione Della Cananea). 

Le direttrici seguite dalla Commissione riguardano l’efficientamento del procedimento  tributario, tramite il rafforzamento del contraddittorio, dell’autotutela e degli strumenti  deflattivi e l’ammodernamento della struttura delle Commissioni tributarie, nell’ottica di  rafforzare la specializzazione dell’organo giudicante e la qualità delle decisioni. 

Lo scorso 30 giugno 2021 la Commissione ha elaborato il documento conclusivo  dell’indagine che dovrà fungere da indirizzo per la riforma da attuarsi in sede  parlamentare (senza, peraltro, nella relazione finale, prendere decise posizioni su alcune  tematiche centrali quali la riforma della magistratura tributaria o l’obbligatorietà del  contraddittorio preventivo). 

Ma tant’è.  

La situazione è ancora in fase di stallo, tanto è vero che di recente il MEF e il Ministero  della Giustizia hanno nominato una ulteriore task force di 8 esperti (taluni già facenti parte  della Commissione Della Cananea) con lo scopo, auspicabilmente entro il prossimo 15 

aprile, di trovare un accordo sui molteplici nodi da sciogliere così da portare in Consiglio  dei ministri e, quindi, in Parlamento, un testo normativo definitivo. 

  1. I NUMERI DEL CONTENZIOSO TRIBUTARIO 

Lo scorso 21 gennaio la Corte di Cassazione, in occasione dell’inaugurazione dell’anno  giudiziario 2022, ha pubblicato la “Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno  2021”.  

In primo luogo, si riscontra l’elevata incidenza, pari al 42,6%, delle controversie di natura  tributaria rispetto al totale dei procedimenti civili (in particolare i ricorsi in materia  tributaria sono 47.364 su un totale di 111.241). A fine 2020, le pendenze complessive dei  giudizi civili in cassazione erano 120.473, di queste ben 53.482 in materia tributaria, pari a  oltre il 44% del contenzioso civile pendente. 

Nonostante l’elevato numero di vertenze tributarie, il 2021 ha comunque fatto registrare:  

una diminuzione del contenzioso tributario di nuova iscrizione, che è passato dai  9.840 ricorsi del 2020 ai 9.339 nel 2021 (segnando così una riduzione pari al 5,1%  rispetto al 2020);  

una riduzione del numero dei ricorsi tributari pendenti, che è passato da 53.482 del  2020 a 47.364 nel 2021 (6.118 in meno rispetto all’anno precedente). Per completezza  si evidenzia che, al 31 dicembre 2021, il contenzioso tributario ha rappresentato il  42,6% del totale dei procedimenti incardinati nella giustizia civile;  

un incremento del numero di ricorsi tributari definiti con la pubblicazione del  provvedimento, passato da 9.070 nel 2020 a 15.518 nel 2021, con un incremento del  71% rispetto all’anno precedente.  

Con specifico riferimento ai ricorsi definiti nel 2021, la relazione fornisce anche alcuni  dettagli interessanti, di seguito riassunti:  

o il valore economico complessivo dei ricorsi definiti è di circa di 9.4 miliardi di euro;

o i contribuenti hanno attivato 6.605 ricorsi (pari al 42,7% del numero di ricorsi  definiti) per un valore economico di quasi 2.3 miliardi di euro (pari al 24,4% del  valore complessivo);  

o il numero delle estinzioni dei giudizi è risultato molto elevato, soprattutto per  effetto della finestra normativa legata alla “definizione agevolata” delle liti;  

o le decisioni di accoglimento dei ricorsi prevalgono nettamente su quelle di rigetto.  ***** 

Fatta questa debita premessa, la riforma della giustizia tributaria non potrà che perseguire  gli stessi obiettivi individuati dal PNRR, ovvero (i) deflazione del contenzioso (ii) celerità dei giudizi, (iii) certezza delle regole, in particolare attraverso una maggiore qualità delle  decisioni. 

Il caposaldo della riforma non potrà che essere, però, una riforma ordinamentale e  strutturale della magistratura tributaria. Sul punto sono già stati presentati molteplici  disegni di legge in Parlamento (nn. 243, 714, 759, 1243, 1661 e 1687) e la stessa anche della  Relazione dello scorso 30 giugno della Commissione Della Cananea ha attribuito piena  rilevanza, prima ancora che a interventi di natura sostanziale o processuale,  all’individuazione di nuovi criteri di selezione dei giudici tributari. 

  1. LA GIUSTIZIA TRIBUTARIA  

3.1. Dal punto di vista costituzionale, la giurisdizione tributaria trae fondamento dal  combinato disposto dell’art. 102 della Costituzione e della VI Disposizione transitoria. La giustizia tributaria rappresenta una giurisdizione speciale, vietata ai sensi dell’art. 102  della Costituzione. Tuttavia, in base all’opinione prevalente tale norma non riguarda le  giurisdizioni speciali già esistenti all’entrata in vigore della Costituzione, siccome osta all’istituzione solo di “nuovi” giudici speciali. Tra i giudici speciali che erano già esistenti  ricadono il Consiglio di Stato, i giudici penali militari, i giudici contabili e, appunto, le  Commissioni tributarie.

In base alla VI Disposizione transitoria, al Legislatore fu imposta la revisione delle  giurisdizioni speciali, e, relativamente alle Commissioni tributarie, ciò è avvenuto, in  prima battuta, mediante il d.P.R. n. 636/1972. 

L’attuale assetto della giustizia tributaria è quello attuato con la riforma del 1992  (perfezionata, poi, negli anni con successivi interventi, quali, da ultimo, il D.Lgs. n. 156 del  2015). 

Le novità introdotte dal legislatore dei D.Lgs. nn. 545 e 546 del 1992, riguardano  essenzialmente: (i) ampliamento della competenza delle commissioni, non solo in termini  di tributi (in particolare, i tributi locali) ma anche di prelievi connessi (sanzioni e interessi)  e atti (cartelle esattoriali, operazioni catastali); (ii) abolizione della Commissione centrale e  strutturazione del sistema della giurisdizione sui classici tre gradi di giudizio; (iii)  potenziamento dei poteri delle Commissioni (provvedimenti cautelari, giudizio di  ottemperanza, etc.); (iv) creazione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria,  organo di auto-governo e autodisciplina della giurisdizione tributaria.  

3.2. Tornando ai nostri giorni, sulla riforma della magistratura tributaria, la relazione  conclusiva della Commissione Della Cananea formula due distinte proposte che saranno  poi esaminate in sede parlamentare. 

In base ad una prima proposta, definita più «conservatrice», si propone di mantenere la  funzione onoraria del giudice tributario, con alcuni correttivi quale quello di assegnare “a  tempo pieno” ma determinato giudici togati di altre magistrature alle Commissioni  tributarie e verrebbe introdotto, per i giudici di primo grado, il requisito della laurea  magistrale in giurisprudenza o in economia o al titolo di dottore di ricerca in materie  giuridico-aziendali per quanti non appartengono alla magistratura ordinaria,  amministrativa o contabile. 

La specializzazione verrebbe assicurata dall’istituzione presso le Commissioni tributarie  regionali di apposite sezioni per la risoluzione delle controversie di maggior rilevanza  (sopra i 25 mila euro) e su specifiche materie (ad esempio, classamento catastale, doganale 

e accise), composta da soli magistrati togati a tempo pieno o professionisti a tempo  prevalente.  

La seconda proposta, maggiormente «riformista», ritiene, in linea con i plurimi disegni di  legge presenti in Parlamento, di selezionare tramite concorso ad hoc una nuova classe di  magistrati tributari a tempo pieno, dedicati esclusivamente alla risoluzione delle  controversie tributarie. 

Si prevede l’istituzione di un giudice speciale denominato “tribunale tributario” in primo  grado e “corte d’appello tributaria” in secondo grado oltre che della sezione speciale  ordinaria specializzata tributaria della Corte di Cassazione composta da giudici ordinari e  da giudici speciali tributari per assicurare una sempre più rilevante funzione nomofilattica  della Corte e ridurre il contenzioso tributario. Un ulteriore tratto distintivo di questa  proposta è la previsione di un giudice monocratico onorario per le liti minori (fino a 3.000  euro). 

3.3. Quel che è certo e che emerge anche dai disegni di legge già presentati in Parlamento è  che la riforma della magistratura tributaria debba muoversi lungo tre direttrici ben  definite e del tutto condivisibili: indipendenza, professionalizzazione e specializzazione

Per attuare l’effettiva indipendenza dei giudici tributari, ai sensi dell’articolo 111, comma  2, Cost. (“Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a  un giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”) è necessario, in primo  luogo, svincolare dal Ministero dell’economia e delle finanze la gestione e  l’organizzazione delle commissioni tributarie, in quanto esso stesso parte interessata nel  contenzioso, affidandole ad un organismo terzo, quale per eccellenza la Presidenza del  Consiglio dei ministri, affinché la giustizia tributaria sia anche nella sostanza – e non solo  nella forma – indipendente e autonoma.  

Si rende necessario istituire il ruolo autonomo della magistratura tributaria, distinto da  quella ordinaria, amministrativa, contabile e militare, una cosiddetta quinta magistratura,  con una gestione organizzativa, come detto, indipendente. Una magistratura organizzata  nei tre gradi di giudizio, con una denominazione che ne rispecchi la natura, con un 

tribunale tributario, una Corte d’appello tributaria e una sezione speciale tributaria della  Corte di cassazione.  

A normativa vigente, la giustizia tributaria è composta da giudici a tempo parziale e  questo – chiaramente – non ne tutela la professionalità; situazione davvero peculiare atteso il delicato settore, caratterizzato da elevatissimo tecnicismo, in cui si trovano ad  operare, nonché il valore, molto spesso elevato, delle questioni trattate.  

L’assunzione del giudice tributario deve, pertanto, avvenire per concorso pubblico (e su  tale punto mi pare esservi totale convergenza anche nei disegni di legge già presentati in  sede parlamentare), per titoli ed esami, su base regionale; inoltre, l’appartenenza agli  organi di giustizia tributaria dovrebbe risultare incompatibile con qualunque altro incarico  o iscrizione in albi professionali.  

La professionalizzazione del giudice consentirebbe, poi, di riconoscere agli stessi una  retribuzione adeguata al ruolo e alle responsabilità; si pensi che oggi i giudici tributari  percepiscono compensi pari a pochi euro a sentenza depositata. 

3.4. Almeno nei tribunali tributari di maggiori dimensioni andrebbero, poi, previste delle  sezioni specializzate per materia; ciò, tanto al fine di decisioni di maggiore qualità su  alcune tematiche (si pensi solo al comparto IVA o alle contestazioni in materia di transfer  pricing o abuso del diritto) quanto di decisioni più veloci avendo tali sezioni una vasta  gamma di propri precedenti cui fare riferimento. 

3.5. A latere di tali interventi, poi, soprattutto in chiave di celerità dei giudizi, dovrebbe  essere prevista l’istituzione del giudice monocratico (attingendo alle attuali risorse delle  commissioni tributarie) competente per tutte le controversie d’importo non superiore a  euro 3.000 d’imposta, al netto degli interessi e delle sanzioni, le quali rappresentano ben  oltre il 50% del totale delle controversie prendenti innanzi alle corti di merito. 

*** 

  1. INTERVENTI DI DETTAGLIO SUL PROCESSO TRIBUTARIO

Per concludere il mio intervento, sempre nell’ottica della celerità, della deflazione e di una  maggiore parità delle armi nello svolgimento del giudizio tributario (dalle fasi  prodromiche di verifica e accertamento fino al giudizio vero e proprio), vorrei proporre  una serie di interventi normativi orientati a tali fini. 

4.1. Nell’ottica di una maggiore parità delle armi fra fisco e contribuenti andrebbe  prevista, ad esempio, una generalizzata estensione dell’obbligo del contraddittorio  preventivo

Come è noto, con l’art. 4-octies del Decreto Crescita (D.L. n. 34 del 2019) – che ha inserito ex  novo, nel D.Lgs. n. 218 del 1997, l’art. 5-ter – è stata prevista un’estensione dell’obbligo del  contraddittorio preventivo, tramite invito a comparire da parte dell’Amministrazione  finanziaria. Tuttavia, sono rimasti esclusi dall’applicazione dell’invito obbligatorio gli  avvisi di accertamento parziale. 

Si ritiene, al riguardo, che tale esclusione dovrebbe essere rimossa con conseguente  estensione del contraddittorio obbligatorio anche agli accertamenti parziali che, nella  prassi, costituiscono una parte rilevante degli atti emessi dagli uffici, per evitare di rendere  vano, in molti casi, il principio del contraddittorio preventivo.  

Si propone, altresì di estendere l’obbligo del contraddittorio preventivo anche ai  procedimenti riguardanti le imposte di registro, sulle successioni e donazioni ed ipotecarie  e catastali (oggi escluse).  

Vanno poi riscritte alcune disposizioni che creano un eccessivo sbilanciamento a favore  dell’Amministrazione finanziaria nell’ambito del procedimento tributario, quali, ad  esempio, la riscossione provvisoria in pendenza di giudizio, almeno fino all’esito del  primo grado

Nella logica di evitare un eccessivo sbilanciamento della fase di accertamento/contenzioso  tributario, è, infatti, prioritario superare o, comunque, graduare l’attuale meccanismo di  provvisoria esecutività degli avvisi di accertamento: una sorta di “presunzione di  colpevolezza”, in virtù della quale – in attesa di un giudizio definitivo – il contribuente è  costretto a versare provvisoriamente alle casse dello Stato parte delle somme contestate 

dall’Agenzia delle entrate, con ripercussioni di ordine finanziario sulla sua attività, anche  qualora dovesse poi risultare vincitore (dopo molti anni) all’esito del contenzioso. Sarebbe  auspicabile attendere, quantomeno, l’esito del giudizio di primo grado, se negativo, prima  di iniziare l’attività di riscossione. 

4.2. In chiave deflattiva, sarebbe opportuno provvedere ad una revisione dell’istituto del  reclamo-mediazione disciplinato dall’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546 del 1992 nella parte in  cui prevede che la mediazione è affidata ad “apposite strutture diverse ed autonome” da  quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili mantenendo, però, le valutazioni pur  sempre in capo all’Amministrazione finanziaria.  

Sarebbe, di contro, auspicabile l’individuazione di un organo super partes, come avviene,  del resto, nel processo civile, in cui il mediatore non è mai una delle parti coinvolte nel  gioco processuale o una loro propaggine.  

L’iniquità dell’attuale assetto risulta, peraltro, ancor più evidente avuto riguardo delle  procedure instaurate dinanzi agli Enti locali, posto che questi possono anche non attivare  un’apposita struttura per la gestione dei reclami e assegnare la stessa al medesimo  funzionario che ha formato l’atto.  

Sempre nell’ottica di perseguire una finalità di deflazione del contenzioso tributario (e in  particolare, allo scopo di alleggerire la mole di cause tributarie allo stato pendenti innanzi  alla Suprema Corte), sarebbe auspicabile un potenziamento dell’istituto della  conciliazione giudiziale, tramite la previsione dell’esperibilità della procedura (oggi  limitata alle controversie incardinate innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale e  Regionale) anche nel giudizio pendente innanzi alla Corte di Cassazione.  

Ancora in chiave deflattiva (e anche in considerazione della particolarità dell’attuale fase  storica e delle crisi economica che la caratterizza), poi, sarebbe auspicabile prevedere una  compliance spontanea agevolata che utilizzi gli ordinari strumenti deflativi già a  disposizione, quali, ad esempio, il ravvedimento operoso, l’accertamento con adesione e la  conciliazione giudiziale. In particolare, potrebbe essere concepito un provvedimento che  disponga la disapplicazione integrale, per legge, delle sanzioni (oltre all’eliminazione degli 

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interessi) in relazione a tutti gli atti di adempimento fiscale e gli accordi con l’Agenzia  delle entrate attuati/stipulati entro il 31 dicembre 2023 in relazione a tutte le contestazioni  attuali e/o meramente potenziali riferite ai periodi d’imposta fino al 31 dicembre 2020 (prima e durante la pandemia). In sostanza, si tratterebbe di incentivare ulteriormente, per  un ristretto lasso di tempo, la ripresentazione della dichiarazione dei redditi e/o la sottoscrizione di accordi con il Fisco, aggiungendo la disapplicazione integrale delle  sanzioni e degli oneri accessori alla normale ridefinizione della pretesa erariale operata  nell’ambito degli istituti deflativi già in vigore con l’Amministrazione Finanziaria. In  questo modo, si riuscirebbe a deflazionare tutto il contenzioso. 

Per favorire l’adesione massiccia a tali ipotesi di chiusura delle pendenze tributarie, potrà  essere opportuno dilazionare maggiormente nel tempo le scadenze dei pagamenti di  imposta ordinariamente previste per usufruire dei diversi istituti deflattivi, sempre senza  aggravio di interessi. 

Potrà agevolare l’utilizzo di tali modalità deflattive anche una previsione che consenta agli  interessati di poter utilizzare in sede di versamento delle imposte dovute i crediti tributari  vantati verso l’erario senza alcuna limitazione di importo compensabile (con qualche  accorgimento a tutela dell’erario in ordine alla veridicità del credito utilizzato). 

4.3. Tanto in chiave deflattiva quanto nell’ottica di avere pronunce maggiormente  uniformi su tutto il territorio nazionale, certamente condivisibili sono due proposte  avanzate nella relazione finale dei lavori della Commissione Della Cananea: 

il rinvio pregiudiziale in Cassazione: tale istituto consente al giudice tributario, in  presenza di una questione di diritto nuova, che evidenzi una seria difficoltà interpretativa e che appaia probabile che si verrà a porre in numerose controversie, di  chiedere alla Corte di legittimità l’enunciazione di un principio di diritto vincolante  solo per il giudice che lo ha sollevato. 

l’intervento del Pubblico ministero nell’interesse della legge: tale strumento  consente al Procuratore Generale presso la suprema Corte di Cassazione di formulare  una richiesta al Primo Presidente della Corte di cassazione di rimettere una questione 

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di diritto di particolare importanza che rivesta il carattere della novità o della serialità o che ha generato un contrasto nella giurisprudenza di merito in modo che venga  enunciato un principio di diritto nell’interesse della legge, cui il Giudice del merito  tendenzialmente deve uniformarsi, salva la possibilità di discostarsene con  assunzione di responsabilità e con onere di adeguata motivazione. 

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Con l’auspicio di aver fornito un contributo utile per l’ulteriore iter delle proposte in  commento, resto a disposizione per ulteriori chiarimenti. 

Roma, 15 marzo 2022 

Prof. Avv. Maurizio Leo