Premessa – Relazione illustrativa
La crisi della giustizia italiana è sotto gli occhi di tutti. Le ragioni sono molteplici e complesse. Il superamento di detto stato crisi richiede misure organiche e non estemporanee e parziali, come purtroppo è successo e sta succedendo soprattutto (ma non esclusivamente) nell’ambito del processo civile, con l’effetto di accentuare e non eliminare le inefficienze. Un’organica disciplina codicistica non è la panacea di tutti i mali, ma costituisce un tassello indispensabile dell’opera di creazione di un sistema giudiziario in grado di garantire l’effettività del diritto di azione (art. 24 Cost.) e la certezza del diritto.
Il presente progetto di legge è un tentativo di dotare di questo tassello la giurisdizione tributaria.
La sua redazione è opera dei prof.ri Cesare Glendi, professore emerito di diritto processuale civile e di diritto tributario, e Alberto Comelli, professore di diritto tributario nonché del loro allievo Dr. Carlo Soncini: mi onoro di essere loro collega nell’Università degli studi di Parma e di essere stato loro chiamato a collaborare nella mia attuale veste di parlamentare. E non mi appare retorico, neanche in questo contesto, sottolineare l’importanza di collaborazioni di questo tipo per una legislazione di qualità e frutto dell’esperienza professionale, non delle logiche burocratiche.
Analisi del progetto di legge
1. Nell’ambito di una prolungata progressione evolutiva, che dalla vecchia disciplina del contenzioso tributario dispersa nella legislazione prerepubblicana, grazie al primo organico testo contenuto nel d.p.r. n. 636/1972, è poi approdata nel testo del d. lgs. n. 546/1992, ormai sono maturi i tempi per la dotazione di un vero e proprio “Codice del processo tributario”, in grado di allinearsi, pur quale ultimo arrivato, al Codice di procedura civile e al Codice del processo amministrativo.
Occorre preliminarmente avvertire che nel testo non è contenuta, in quanto presupposta e aliunde da rivedere, magari in sede attuativa, la normativa sulla composizione organizzativa dei giudici tributari e delle relative segreterie, così come oggi vigente, la cui modificazione, che in ogni caso non incide in alcun modo sull’assetto disciplinare contenuto nel Codice, dipende essenzialmente da future scelte di politica-economica al momento ancora premature e variamente orientabili per il mantenimento di un giudice tributario misto (in parte togato e in parte laico) ovvero per l’istituzione di una vera e propria magistratura tributaria interamente professionalizzata e a tempo pieno, tanto se di provenienza togata, quanto se di provenienza laica, peraltro sempre reclutabile concorsualmente, con modalità e costi ancora da definire.
Fatta questa precisazione, nel nuovo testo comunque già si parla di tribunali tributari e di corti d’appello tributarie, in quanto è ormai da tutti condiviso l’impiego di queste denominazioni, che icasticamente mettono in luce l’assunzione della giurisdizione tributaria e del processo tributario al rango delle giurisdizioni e dei processi contermini.
Il testo predisposto è improntato a criteri di generalità (riguardando tutte le liti tributarie, individuate in rigorosa aderenza ai precetti costituzionali, così come interpretati dalla Corte costituzionale), di equilibrata salvaguardia delle parti, enti titolari del potere impositivo ed esattivo e destinatari dei relativi provvedimenti (così da uniformarsi ai principi costituzionali in materia e in specie a quello del giusto processo consacrato dal nuovo art. 111 Cost.), e di semplicità regolamentare (integrando e adeguando la disciplina attualmente contenuta nel d. lgs. n. 546/1992, senza peraltro trascurare, ed anzi preservando, tutte le positività che hanno connotato la predetta normativa, che già aveva segnato un notevole miglioramento, da tutti riconosciuto, rispetto a quella precedentemente contenuta nel d.p.r. n. 636/1972).
2. Venendo all’analisi del suo contenuto, il testo si struttura in quattro libri, riguardanti, nell’ordine: I) Disposizioni generali; II) Il processo tributario di primo grado; III) Le impugnazioni; IV) I riti speciali.
3. Il libro primo (“Disposizioni generali) comprende 40 articoli, suddivisi in quattro Titoli, che trattano, nell’ordine: “Dei giudici tributari e dei loro ausiliari”, “Delle parti e dei loro difensori”, “Dell’esercizio dell’azione”, “Degli atti del processo tributario”.
Il Titolo I, “Dei giudici tributari e dei loro ausiliari”, è suddiviso in cinque capi: “Della giurisdizione tributaria”, “Della competenza dei giudici tributari”, “Astensione e ricusazione dei giudici tributari”, “Dei poteri del giudice tributario”, “Ausiliari del giudice tributario”.
Il Capo I (“Della giurisdizione tributaria”) è composto da cinque articoli nei quali sono disciplinati i capisaldi della giurisdizione tributaria, esercitabile dai tribunali tributari, dalle corti d’appello tributarie e dalla Sezione tributaria della Corte Suprema di cassazione. Ne viene definito accuratamente l’ambito, e se ne disciplinano le patologie (difetto di giurisdizione) e i rimedi specifici (regolamento preventivo di giurisdizione), con l’aggiunta (art. 5) di una importante specifica regolamentazione della c.d. translatio iurisdictionis modellata sulle peculiarità del transito dell’azione nel processo tributario e dal processo tributario verso giurisdizioni contermini, nel quadro generalmente prestabilito dall’art. 59 della l. n. 69/2009.
Nel Capo II (“Della competenza dei giudici tributari”), composto dagli articoli 6, 7, 8, sono dettate le regole essenziali sulla competenza dei giudici tributari, mantenendo sostanzialmente quelle, semplicissime, già contenute nel d.lgs. n. 546/1992, che hanno dato ottimi risultati a livello pratico, riducendo al minimo le questioni sulla competenza dei giudici in questo processo, favorendo la celerità dell’iter processuale e riducendo i costi del contenzioso.
Ovviamente, si è avuto cura di sintonizzare la regolamentazione dei termini alle modifiche recentemente intervenute nel processo civile, in modo da valorizzare il criterio dell’uniformità pur nel rispetto della specialità della disciplina.
La sola variante attiene al concorso tra impugnazione della sentenza declinatoria della competenza e riassunzione presso il giudice ad quem, che nella normativa tuttora vigente non risulta regolato, dando luogo a qualche inconveniente procedurale, che con la nuova disciplina viene ad essere adeguatamente superato e risolto.
Nel Capo III (“Astensione e ricusazione dei giudici tributari”), composto dagli articoli da 9 a 11, sono stati “levigati” i tradizionali istituti dell’astensione (obbligatoria e facoltativa) e della ricusazione dei giudici tributari, senza peraltro apportare significativi scostamenti rispetto ai parametri generali contenuti nel codice di procedura civile, che sono del resto richiamati anche dal recente codice del processo amministrativo.
Nel Capo IV (“Dei poteri del giudice tributario”), composto dagli articoli 12 a 15, si sono invece ridefiniti, in modo chiaro e preciso, i poteri, rispettivamente, decisori (art. 12), cautelari (art. 13), cognitori (art. 14) ed istruttori (art. 15) dei giudici tributari, così da formarne una loro amalgamata sintesi rappresentativa, completando la scarna normativa attualmente dettata, in termini generali, nel solo art. 7 del d. lgs. n. 546/1992, riguardante, con non propriamente felice collocazione, i poteri istruttori accanto al potere di disapplicazione degli atti generali.
Nel Capo V (“Ausiliari del giudice tributario”), composto da una sola norma (art. 16) contiene una preziosa regola di raccordo tra questi soggetti (che appartengono ad altre amministrazioni) e i giudici (di cui sono e restano ausiliari), così da risolvere inconvenienti pratici manifestati nella prassi applicativa.
Il Titolo II “Delle parti e dei loro difensori”, è composto, senza suddivisione in capi, da cinque articoli (17 – 21), nei quali si è fornita una più completa e aggiornata disciplina dei profili soggettivi del processo tributario, tenuto specificamente conto delle innovazioni ordinamentali posteriormente intervenute rispetto all’originario tessuto normativo contenuto nel d. lgs. n. 546/1992. E’ stata, in particolare, riveduta la disciplina sulle parti (avendo soprattutto riguardo al più ampio ambito dei soggetti dotati di potere impositivo) e dei difensori delle parti private (limitando la pletorica e disorganica regolamentazione ancora vigente, benché superata dall’esperienza maturata e dall’evoluzione del processo tributario ad instar di quello civile).
E’ stata inoltre aggiornata la disciplina sulle spese, adeguandola alle modifiche intervenute per il processo civile e ai più aggiornati insegnamenti della giurisprudenza in materia.
Il Titolo III “Dell’esercizio dell’azione”, anch’esso senza suddivisione in capi, oltre ad una disposizione di generale inquadramento (art. 22), detta (all’art. 23) una più estesa disciplina sui processi litisconsortili (così da ovviare ai gravi inconvenienti determinati su questo versante dalla lacunosa normativa oggi vigente), introducendo anche un’apposita disposizione (art. 24) sul c.d. cumulo oggettivo, coniugando rigore con concretezza, così da superare, disciplinandole, mancanze ed incertezze manifestatesi in sede applicativa.
Il Titolo IV “Degli atti del processo tributario”, è composto da 16 articoli (25 a 40), ripartiti in quattro capi (“Delle forme degli atti in generale”, “Dei provvedimenti del giudice”, “Delle comunicazioni e delle notificazioni degli atti”, “Dei termini”) e costituisce un’autentica novità per il processo tributario. La legge processuale tributaria attualmente in vigore, infatti, non contiene una compiuta disciplina degli atti del processo tributario. Nel colmare la lacuna, siccome imposto dalla portata di lex generalis che si è inteso dare al nuovo prodotto legislativo, si è fatto essenziale riferimento alla disciplina del processo civile, adattandola, però, alle peculiarità del processo tributario, in modo da facilitare l’opera dell’interprete, in tal modo appropriatamente sollevato dall’onere di una non facile continua interlocuzione col modello processualcivilistico.
E’ stata, inoltre, rivisitata e completata la disciplina formale dei provvedimenti del giudice e sono state rivedute e aggiornate le disposizioni in materia di comunicazioni e notificazioni degli atti del processo tributario.
Infine, è stata inserita una norma (art. 39) sul computo dei termini, che agevola il compito di uniformizzazione con quanto previsto dal codice civile e del codice di procedura civile sull’argomento, di grande rilevanza pratica.
4. Il secondo libro (“Il processo tributario di primo grado”) è formato da 42 articoli dislocati in quattro titoli: “Introduzione del giudizio”, “Trattazione della controversia”, “Della decisione della causa”, “Sospensione, interruzione ed estinzione del processo”.
Il Titolo I, “Introduzione del giudizio”, suddiviso in quattro capi (“Il ricorso”, “La costituzione in giudizio delle parti”, “Iscrizione a ruolo e formazione dei fascicoli”, “Motivi aggiunti”), nei suoi quindici articoli (da 41 a 55), contiene la disciplina dell’introduzione del processo di cui trattasi. Si è mantenuto l’inquadramento del d. lgs. n. 546/1992. Ma ne sono state revisionate le disposizioni più significative, come quella relativa al ricorso (con appositi aggiustamenti), all’individuazione degli atti autonomamente impugnabili (conservando il principio della loro predeterminazione normativa, ma ampliandone la platea, tenendo conto delle modificazioni normative sopravvenute e degli orientamenti espressi a livello interpretativo da parte della Suprema Corte), delle forme della costituzione in giudizio della parte ricorrente (art. 46), della parte resistente (art. 47) e di altri soggetti (art. 48). E’ stata anche ritoccata la disciplina dei termini ed è stata infine ampliata e meglio articolata la regolamentazione dei motivi aggiunti (artt. 53, 54, 55), che aveva dato luogo a difficoltà applicative, riesaminando e risolvendo tutte le criticità emerse dall’esperienza giurisprudenziale.
Il Titolo II, “Trattazione della controversia”, è composto di sei articoli, riguardanti, in successione, la nomina del relatore e la fissazione dell’udienza (art. 56), l’avviso d’udienza (art. 57), la presentazione di documenti prima dell’udienza (art. 58), la presentazione di memorie prima dell’udienza (art. 59), la discussione in pubblica udienza (art. 60) e la riunione dei ricorsi (art. 61).
In queste disposizioni, improntate a criteri di massima semplicità, si è concentrata tutta la regolamentazione della fase centrale del processo tributario. Si sottolinea l’abolizione di tutti i riti abbreviati, non essendosi più fatto riferimento ai cosiddetti procedimenti presidenziali (previsti dagli artt. 27 e 28 d. lgs. n. 546/1992), che non hanno dato grandi risultati sul piano operativo e funzionale, e si è anche abolita l’alternativa fra trattazione in camera di consiglio e trattazione in pubblica udienza (oggi risultante dagli artt. 33 e 34 del d. lgs. n. 546/1992), optandosi per un unico metodo di trattazione in pubblica udienza, che appare maggiormente rispettoso dei principi costituzionali e che viene ormai comunemente seguito nella pratica.
Il Titolo III, “Della decisione della causa”, è formato da sei articoli, ripartiti in due capi (rispettivamente dedicati alla “Sentenza” e alla “Pubblicazione, comunicazione e notificazione della sentenza”) nei quali è disciplinata la fase decisoria del processo. Viene completata e omogeneizzata la disciplina dispersa nell’attuale d. lgs. n. 546/1992, accorpando in un contesto sistematicamente organizzato tutto quanto attiene alla formazione, al contenuto e alla tipologia delle sentenze, nonché alla loro pubblicazione, comunicazione e notificazione.
Il Titolo IV, “Sospensione, interruzione ed estinzione del processo” è composto di quattordici disposizioni, ripartite in quattro Capi, riguardanti progressivamente “La sospensione del processo “ (Capo I), “L’interruzione del processo” (Capo II), “Disposizioni comuni sulla sospensione e interruzione del processo” (Capo III), “L’estinzione del processo” (Capo IV), con i quali è stata revisionata la disciplina dei tre istituti, solitamente (anche se impropriamente) incasellati nella categoria delle “vicende anomale del processo” (che ha sostituito la vecchia, ma forse più appropriata, formula dei cc.dd. incidenti del processo). Le disposizioni di questo capo formano ora una disciplina completa e adeguata alle peculiarità del processo tributario.
Si segnalano, in particolare, la norma appositamente dedicata alla “sospensione del processo a seguito di querela di falso” (art. 68), che sopperisce ad un vuoto normativo per il processo tributario, molto avvertito nella pratica, la diversificata disciplina delle varie forme di interruzione e del relativi effetti, l’esaustiva regolamentazione delle molteplici tipologie di estinzione del processo (per rinuncia al ricorso, per inattività delle parti, per cessazione della materia del contendere).
Ovviamente, nel dettare questa disciplina, si è tenuto conto dell’abolizione del rito presidenziale, privilegiando, per i provvedimenti di sospensione e d’interruzione del processo, la forma dell’ordinanza collegiale (art. 75), e prevedendo, invece, per ogni pronuncia di estinzione la forma della sentenza (art. 81), che consente l’ingresso agli ordinari mezzi d’impugnazione.
5. Il terzo libro (“Le impugnazioni”) si compone di 24 articoli, suddivisi in quattro titoli, riguardanti, in progressione, “Le impugnazioni in generale”, “L’appello”, “Il giudizio davanti alla sezione tributaria della corte di cassazione”, “La revocazione”.
Il Titolo I, “Le impugnazioni in generale”, è costituito da tre soli articoli, nei quali si fissano le regole fondamentali, sui mezzi d’impugnazione (art. 82), sui termini per impugnare le sentenze (art. 83) e sulle norme applicabili (art. 84), così da ben circoscrivere la disciplina del sistema delle impugnazioni del processo tributario rispetto a quella generalmente contenuta nel codice di procedura civile, evidenziandone i tratti di conformità e le peculiarità differenziali.
Il Titolo II, “L’appello”, in 12 articoli, contiene una disciplina dell’istituto, redatta sulla falsariga di quella oggi vigente, ma arricchita da un’attenta individuazione di tutti i profili di particolarità rispetto alle regole contenute nel codice di procedura civile, oggetto di recenti modifiche, che mal si adattano al processo tributario, dove l’appello ha un ruolo di essenziale rilievo per l’attuazione del giusto processo, consentendo, attraverso un moderato allentamento delle preclusioni processualcivilistiche, pur nel mantenuto rigore delle forme, di rimediare alle non infrequenti lacune svoltosi in giudizio di primo grado, in cui non sempre operano difensori e giudici specialmente qualificati.
La disciplina approntata, non ostante l’inevitabile tecnicismo delle tematiche che ne fanno parte (appello incidentale, devoluzione di questioni ed eccezioni non specificamente riproposte, nuove domande, nuove eccezioni, nuove prove, rimessione della causa dal secondo al primo grado), si presenta ora in forme lineari così da poter essere rispettate ed osservate da tutti gli operatori con maggiore facilità.
Il Titolo III “Il giudizio davanti alla sezione tributaria della corte di cassazione” è formato da tre disposizioni (artt. 97, 98, 99) che presentano aspetti sicuramente innovativi, mirando a risolvere l’attuale situazione di “crisi” in cui versa il terzo grado di giudizio in materia. L’istituzione della Sezione tributaria della Corte di Cassazione ha segnato un grande progresso. Ma l’alacrità dei suoi componenti, data la grande mole di gravami oltre il secondo grado, non consente l’ottenimento di risultati adeguati. In attesa di nuovi assetti ordinamentali, che necessitano però di modifiche a livello costituzionale, si è delineata per il terzo grado del processo tributario una disciplina uniforme e semplificata, prevedendo anche un numero fisso dei componenti la Sezione tributaria della Corte di cassazione e la costituzione all’interno di cinque sottosezioni e di un collegio unitariamente composto dai presidenti delle cinque sottosezioni per la decisione delle questioni di massima di particolare importanza, così da privilegiare la formazione di una nomofilachia mirata in grado di eliminare in radice i contrasti inconsapevoli di decisioni e costituire linee d’indirizzo idonee a scoraggiare inutili accessi al terzo grado. Le regole procedurali sono contenute nell’articolo 98, mentre nell’art. 99 viene aggiornata la disciplina del giudizio di rinvio, con opportuni adeguamenti anche riguardo ai termini, così da sintonizzarli con quelli ultimamente stabiliti per il processo civile.
Il Titolo IV “La revocazione”, è costituito da 6 articoli (artt. 100 – 105), che preservano, con adeguati aggiornamenti e lievi modifiche, suggerite dall’esperienza dottrinale e giurisprudenziale, la regolamentazione contenuta nel d. lgs. n. 546/1992, che non ha dato luogo a inconvenienti applicativi.
6. Il libro quarto contiene la disciplina dei “Riti speciali”. Le norme che ne fanno parte sono ripartite in tre capi.
Il capo (“Esecuzione delle sentenze e giudizio di ottemperanza”) è formato da quattro articoli, che disciplinano, nell’ordine, la riliquidazione e riscossione a seguito di sentenze (art. 106), i rimborsi a seguito di sentenza (art. 107), il rilascio di copia di sentenza in forma esecutiva (art. 108) e il giudizio di ottemperanza (art. 109). Trattasi di una disciplina migliorativa di quella vigente, tendente a rendere ancora più funzionale la concreta esecuzione della sentenza, che, soprattutto attraverso il giudizio di ottemperanza, introdotto dal d. lgs. n. 546/1992, ha comunque già dato ottimi risultati.
Il capo II (“Il procedimento cautelare”) è composto di 8 articoli, con i quali si è uniformizzata e generalizzata la disciplina del procedimento cautelare, attualmente contenuta negli artt. 47 e 47 bis del d. lgs. n. 546/1992 e negli artt. 19, comma 2, e 23, comma 3, del d. lgs. n. 472/1997. In particolare, è stata espressamente estesa la tutela cautelare anche ai giudizi d’appello e di revocazione (art. 110) e sono stati specificamente regolati i modi e le forme della tutela cautelare in pendenza di ricorso per cassazione (art. 111).
Il capo III (“Il procedimento di conciliazione in pendenza di giudizio”) si compone di quattro articoli (118, 119, 120, e 121), con i quali, in forma autonoma e collocazione volutamente terminale e residuale, si è delineata una nuovissima disciplina del procedimento di conciliazione, espressamente stabilendo che esso possa aver luogo durante la pendenza dell’intero giudizio, nelle forme e con le modalità appositamente studiate in modo da consentire alle parti tutte di addivenire ad una composizione conciliativa delle liti pendenti, superando così opportunamente la grave limitazione della legislazione vigente (art. 48 d. lgs. n. 546/1992), che ammette solo in primo grado la conciliazione nel processo tributario.
La nuova disciplina dovrebbe consentire la cessazione dell’inutile protrarsi di contenziosi, pur dopo mutati assetti legislativi, costituzionali e giurisprudenziali, così da evitare inutili sprechi di attività giurisdizionale.
7. Dall’analitica rappresentazione dei punti salienti della predisposta normativa, è possibile rilevare come essa adeguatamente si affianchi ratione materiae a quelle che attualmente regolano il processo civile e quello amministrativo, completando in tal modo la disciplina formale delle tre giurisdizioni, civile, amministrativa e tributaria.
Giorgio Pagliari