a cura del Dr. Prof. Gen. Salvatore Santo Gallo
La tavola di Amalfi, la cui scoperta fu rivelata da una pubblicazione solo del 1943, costituisce uno dei più antichi documenti di diritto marittimo finora conosciuti, e non soltanto del bacino Mediterraneo, il quale, come risulta storicamente provato, subì l’influenza decisiva degli altri ordinamenti marittimi medioevali e specialmente della Raccolta Catalana.
A tale interessante documento hanno fatto riferimento molti storici fin dal secolo XV, rilevando che questo testo era usato per dirimere le controversie marittime in Amalfi e nel Regno di Napoli fin dal 1300.
Il primo manoscritto comprendente le norme della tavola di Amalfi suddivise in 66 capitoli dei quali i primi 23, e cioè la parte più antica, in lingua latina, fu rinvenuto nella Biblioteca imperiale di Vienna tra i codici della Collezione Foscarini, insieme ad altri scritti riguardanti la Sicilia e il regno di Napoli.
Trattandosi di legge che raggiunse la sua redazione definitiva alla fine del secolo XIV, la tavola di Amalfi subì, rispetto alla sua originaria formulazione, ritocchi, aggiunte, glosse e interpolazioni, sicché si può dire che in essa, accanto ad un nucleo più antico che potrebbe farsi risalire al 1100, si avevano norme aggiunte e interpolazioni del 1200 e 1300.
In ordine al suo contenuto va segnalato che nella tavola risultava disciplinata in particolare la navigazione “ad usun de rivera” della quale era tipico il contratto a colonna, forma di navigazione associata tra il proprietario della nave, in una posizione predominante, e i marinai e i mercanti che trasportavano merci sul natante.